GIOVEDÌ SANTO – NELLA CENA DEL SIGNORE
Questa sera voglio rivolgermi in modo tutto particolare a voi bambini. I grandi ascoltino attentamente, perché potrebbe darsi che queste parole siano interessanti anche per loro. Mi domando se questi bambini li avete condotti qui voi, voi genitori che avete giustamente sempre tante cose da fare, o se invece siete voi bambini ad aver trascinato qui i vostri genitori, stasera, nella nostra chiesa, dove si fa memoria dell’ultima cena di Gesù. Meno male che siete venuti qui per farvi lavare i piedi dal don, perché è per questo che siete seduti in prima fila, con un po’ di apprensione anche per il gesto che vi vede protagonisti. Lo so: non conoscete ancora il significato profondo dell’Eucaristia, a cui vi accosterete per la prima volta tra poco meno di due mesi. Noi grandi lo conosciamo così bene che… ce lo siamo già dimenticato. Perbacco, che l’Eucaristia sia una cosa per bambini? Voi bambini che cosa ne pensate? Sta di fatto che quella sera, di cui abbiamo appena ascoltato il racconto, di bambini non ce n’era neanche uno. Erano tutti grandi! E non erano andati lì in quella casa a farsi lavare i piedi. Era un gesto che probabilmente avrebbero compiuto e stava ad indicare che erano finalmente a casa e potevano levarsi i sandali. Bisognava, prima di iniziare la cena, togliere la polvere e il sudore da quei piedi che avevano camminato tanto. Un po’ come quando, al campo estivo, si torna dall’escursione e ci si fa una bella doccia prima di scendere in refettorio a mangiare! Non sono lì per quello e, infatti, si meravigliano che Gesù ad un certo punto si alzi da tavola, deponga la veste, prenda un asciugamano e se lo metta attorno alla vita, prenda un catino pieno d’acqua e cominci a lavare i loro piedi. Che stai facendo, Gesù? Non è il caso! Ci pensiamo noi. Ciascuno si lava i suoi piedi. A ciascuno la sua puzza… Perché vuoi mettere le tue mani in fondo al catino e farle scorrere sui nostri piedi? Tu sei il maestro e noi i discepoli. Semmai uno di noi lava i tuoi piedi… Già, si meravigliano, e Pietro – che, come al solito, è il più vulcanico di tutti e, se una cosa ce l’ha sulla lingua, la dice subito – vorrebbe fermare Gesù. Vi ricordate? L’aveva già fatto. Quando Gesù annunciò che a Gerusalemme ci andava per affrontare la passione e la morte, lui si mise in mezzo e sentenziò subito che questo non era possibile, che non si addiceva affatto al Messia. San Pietro, stai calmo! Cerca di ascoltare il Maestro, fidati del tuo Gesù, almeno adesso!
Quindi, gli apostoli non sapevano nulla di quella lavanda dei piedi. Erano lì per celebrare la Pasqua, il rito della cena che si svolge la prima sera della festività di Pesach. Erano lì per una festa, non immaginavano che ne avrebbero inaugurata un’altra tutta diversa. Gli apostoli non sapevano, ma Gesù sapeva tutto. Ce lo dice il racconto che abbiamo ascoltato. Gesù sapeva «che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre». Sapeva «che il Padre – proprio quel Padre a cui stava per passare – gli aveva dato tutto nelle mani». Sapeva «che era venuto da Dio e a Dio ritornava». E sapeva anche che «il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo». Tutte queste cose che Gesù sa, lo spingono ad amare ancora di più, ad amare «sino alla fine». A noi succede tante volte il contrario: sappiamo e ci scoraggiamo e magari smettiamo di amare. Pensate, invece: Gesù sa che Giuda sta per tradirlo, eppure si appresta a lavare i piedi anche a lui. Gesù sa che la sua ora è giunta, eppure trova la forza e la dolcezza di compiere un gesto umile e insieme grande, uno di quei gesti che non si dimenticano più. Gesù sa che nelle sue mani stava tutto, ma proprio tutto – oggi diremmo che era nelle condizioni di agire in piena autonomia e potenza – e quelle mani egli le usa per lavare i piedi, come a dirci che il «tutto» che noi ci aspettiamo da uno che è potente è questo umile gesto da schiavi, come a insegnarci che la vera potenza è questa. Guardiamola bene e impariamo: questa è l’unica vera potenza di uno che ama. Sarebbe come se la mamma vi dicesse che potete scegliere voi che cosa fare e voi sceglieste di aiutarla a svolgere le faccende di casa. Tutto era nelle vostre mani e voi le avete messe a disposizione della mamma, perché le volete molto bene. Decidendo in questo modo, voi seguite l’esempio che Gesù ci ha dato con la lavanda dei piedi.
Cari bambini, vorrei soffermarmi un attimo su una parola di Gesù che vi riguarda da vicino. Quando Pietro vuole impedire a Gesù di lavargli i piedi, Gesù gli dice: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Dopo, quando? Se guardiamo alla vicenda di Pietro, dobbiamo dire che Pietro capisce quel gesto solo nel momento in cui incontra Gesù risorto: è la sera di Pasqua, tre giorni dopo. Sono successi tanti fatti che Pietro proprio non si aspettava. Anch’io, mentre mi accingo a lavare i vostri piedi, potrei usare le stesse parole di Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Anche voi capirete questo gesto nel momento in cui farete finalmente l’incontro con Gesù risorto. E allora ricordiamolo anche ai grandi in quale modo si fa questo incontro: celebrando la Messa, facendo la comunione. Gesù risorto è presente nell’Eucaristia, nel pane e nel vino offerti sull’altare e su cui io ripeto quelle precise parole di Gesù che san Paolo ci ha appena ricordato: «Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue». Il gesto della lavanda dei piedi compiuto da Gesù quella sera va compreso alla luce dei gesti e delle parole dell’Eucaristia. Sono gesti che ci fanno capire chi è Gesù. Sono la nostra più bella e completa comprensione di Dio. E anche stasera questo gesto simbolico non avrebbe alcun valore se non fosse inserito dentro questa solenne liturgia che ci raduna attorno all’altare. Ma, d’altra parte, la lavanda dei piedi e l’Eucaristia sono gesti che hanno bisogno di diventare veri fuori dal rito della Messa. Come ha fatto Gesù, che di lì a poche ore ha veramente donato il suo corpo e il suo sangue per tutti noi e ha illustrato che lavare i piedi non era stato un gesto di galanteria, ma era la manifestazione della sua vera identità, della sua persona umana e divina. Siamo fortunati ad essere qui stasera. Siete fortunati voi bambini, che avete portato qui anche i vostri genitori, pure loro fortunati. Sono fortunato più di tutti io, che devo fare la parte di Gesù, qui in chiesa e soprattutto fuori. È una grande responsabilità, lo so, ma è anche una grande gioia, perché, per fortuna, ci siete voi ad aiutarmi.