DOMENICA DELLE PALME – Anno C
Quello che abbiamo ascoltato è il Vangelo della Passione di Gesù secondo Luca. Un Vangelo più lungo del solito. E soprattutto un Vangelo che sembra contraddire il significato stesso della parola vangelo: buona notizia. Dove sta la buona notizia in questo Vangelo? Forse nel racconto dell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli? Forse nella liberazione di Barabba al posto di Gesù? Forse nell’ingresso in paradiso del ladrone pentito? Forse nella delicatezza di Giuseppe d’Arimatea che chiede a Pilato il corpo di Gesù per dargli degna sepoltura? Ho cercato di scovare il “positivo” nascosto in questo racconto della passione secondo il calcolo umano. Siamo sempre pronti a tirare la riga e a fare i conti, e qui sembra proprio che i conti non tornino. Il calcolo umano si rifiuta di accettare che la morte di un uomo sia una buona notizia. Bisogna proprio andare al di là del calcolo per scoprire l’essenza di questo vangelo, e cioè che la buona notizia è proprio la morte di Gesù, la sua croce è il luogo più inaspettato – ma anche quello più chiaro – del percorso dell’amore di Dio nei nostri confronti. Ci ama così, ci ama sino a questo punto! La morte è buona notizia perché essa è annunciata e realizzata solo come dono.
«Questo è il mio corpo, che è dato per voi», aveva profeticamente detto Gesù e aveva ancora davanti a sé un pane. Ma quando sulla croce dirà: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», in quel momento è se stesso che egli dona. Non ci resta che provare stupore di fronte allo spettacolo della croce di Cristo. Soprattutto non cerchiamo di sminuirne lo scandalo. Il suo amore appare sconfitto. Egli sulla croce è l’immagine ingigantita dei nostri amori sconfitti e improduttivi. Li ha presi su di sé, li ha fatti suoi. Ma ci ha anche detto con chiarezza: «Io salvo gli altri proprio non salvando me stesso!». La croce è amore «alla fine»? No, è amore «sino alla fine»! Il dono va oltre il calcolo e va oltre anche all’apparenza della sconfitta. Questa deve essere la direzione anche del nostro amore, se vuole produrre nel modo in cui paradossalmente ha prodotto l’amore di Cristo.