Corriere di Como, 3 aprile 2018
Leggo che al bacio del Crocifisso di Como sono andati in più di 50mila persone in una settimana di esposizione. Mi domando come si è arrivati a questo numero, e leggo che il dato è preciso perché è stato ottenuto grazie ad un contapersone che è stato sistemato in basilica. Non sono un grande appassionato di numeri, soprattutto quando vengono usati per dimostrare il successo di una manifestazione. Se poi in gioco c’è la fede, credo proprio che il contapersone non serva a nulla: produce numeri senza senso. Me lo aspetto all’ingresso di una fiera o di uno stadio ma non di una chiesa.Per quanto riguarda il santo Crocifisso di Como, le venerazione dei comaschi per la sacra effigie di viale Varese è incontestabile, ma contare i baci e trarne conclusioni sul versante della fede è – posto che sia stata tentata – una operazione destinata a falsi risultati. Essere in tanti a compiere un gesto dice ben poco della sua autenticità, che resta racchiusa nel segreto delle coscienze ed è legata strettamente a ciò che segue il bacio, in quella visibilità della vita che è comunque nascosta. Proprio la storia dell’uomo messo in croce ci svela l’ambiguità di un gesto così intimo, il bacio, che un certo Giuda usò come semplice segnale di identificazione di colui che doveva essere catturato. E Gesù non mancò di farglielo notare.
Detto questo, non sono affatto un sostenitore di una fede talmente intima e scevra di gesti da essere inoperosa. Ma vorrei che non si cercasse di contarmi come baciatore di una sacra effigie attraverso un volgare aggeggio elettronico che non sa guardare in volto. I numeri servono solo a rinfocolare le guerre di religione, ma sono molto pericolosi per la fede. Fanno credere di essere in tanti e suggeriscono suggestioni trionfalistiche (forse ai nostri tempi solo vagamente consolatorie, ahimè). Oppure certificano che si è in pochi e alimentano sfiducia e sensi di inferiorità che, a livello della fede, non hanno alcun senso. La fede non si può misurare, almeno con strumenti umani, e non è certo data dalla somma dei baci stampati su una statua.
Semmai, il fatto che siano ancora tanti coloro che trovano il tempo per compiere un gesto tradizionale come il bacio del Crocifisso deve interrogarci sul valore che ancora ha una certa manifestazione esteriore della propria religiosità, pur dentro un contesto in cui si è notevolmente affievolito il senso di appartenenza ad una comunità e si è smarrita la consequenzialità che un gesto così forte come un bacio ha sulla concretezza della vita e delle sue scelte.
Certo, se i 50mila baci al Crocifisso di Como avessero una visibilità sociale, il volto della nostra città cambierebbe, e questo sì, sarebbe un novello miracolo del Crocifisso, attraverso la fede dei comaschi. Ma sappiamo che non è così. Quindi, esponiamolo ancora e lasciamo che il santo Crocifisso sia riempito di baci anche nel 2019. Ma il contapersone buttiamolo via. Mette il Crocifisso nel grande mercato dell’audience e delle sagre. E non mi sembra il caso…