PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B
La brevità con cui l’evangelista Marco ci parla dei quaranta giorni di Gesù nel deserto pone in risalto tre cose essenziali, che hanno a che fare anche con la nostra Quaresima. Intanto Gesù nel deserto ci va sospinto dallo Spirito. Non si tratta affatto di uno spiacevole inconveniente di viaggio. Il deserto è parte integrante del cammino e a programmarlo è Dio stesso, non certo il suo nemico, quel Satana che pure proprio nel deserto trova l’occasione per sferrare il suo attacco. La Quaresima è la stessa cosa per ciascuno di noi: è un tempo dello Spirito, una tappa preziosa. Forse dobbiamo smettere di considerare questi quaranta giorni come un tempo grigio, una sorta di parentesi accidentale da attraversare a fatica, quasi forzatamente. Anche le opere penitenziali sono a servizio della vigoria interiore, non sono affatto inutili sacrifici da fare a muso lungo e con il cuore allentato. Infatti, il Gesù che esce dal deserto è un uomo con le idee chiare, pronto a cominciare il suo ministero con una forza tutta particolare: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Ma poi – seconda cosa essenziale – Gesù ha il coraggio di rimanere nel deserto per un tempo prolungato. Forse la prima tentazione del deserto è proprio quella di venirne via subito, di concludere dopo poche ore che non serve stare lì. Il deserto, invece, domanda tenacia, accettazione di un ritmo diverso, in cui il silenzio e la meditazione possano trovare uno spazio adeguato per espandersi e produrre i loro benefici. Anche la nostra Quaresima è così. Se a distanza di poche ore dal mercoledì delle Ceneri abbiamo già mandato in soffitta i propositi di preghiera, elemosina e digiuno (le tre opere quaresimali per eccellenza), se ci siamo rassegnati al ribasso, allora è pronta la scappatoia dal deserto e allora sì la Quaresima diventa un tempo inutile che scivola via come l’acqua sulla roccia.
La terza cosa essenziale che Marco ci dice circa il deserto di Gesù riguarda i suoi compagni di avventura: «Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano». L’evangelista vuole certo presentarci un Gesù che, in quanto uomo, rimanda ad Adamo prima del peccato, nell’armonia e nella pace con il creato. Ma ci ha appena detto che in quei quaranta giorni fu «tentato da Satana» e che, quindi, a differenza di Adamo, Gesù ottiene l’armonia e la pace andando oltre la tentazione del diavolo, mentre Adamo la perse proprio a causa della tentazione del serpente. Dal racconto di Marco non sappiamo nulla circa l’oggetto delle tentazioni, dobbiamo ricorrere ai racconti di Matteo e di Luca. Come ho detto, Marco dice l’essenziale, e cioè che Gesù ripristina perfettamente quell’armonia che Adamo aveva perso. Lo scopo del deserto – tempo prolungato voluto dallo Spirito per Gesù – è quello di incarnare l’armonia di Dio in terra, un’armonia non intesa come facile situazione di imperturbabilità sovrumana raggiunta senza alcuna fatica, ma piuttosto come risultato di un confronto vincente con il male. Il fatto di stare con le bestie selvatiche dice una profonda riconciliazione con la terra. Il fatto di essere servito dagli angeli dice la benedizione che viene dal cielo. L’armonia è lo scopo anche della nostra Quaresima. Anche la penitenza ha una tensione armonica. Digiunare è un mezzo per riannodare l’amicizia con il Signore, e lo è solo in quanto crea uno spazio ed un tempo per pregare e per meditare, se fa nascere il desiderio di un cibo diverso che ci possa riconciliare con le bestie selvatiche che insidiano la nostra pace e il grande desiderio di serenità che nutriamo in cuore. Una buona Quaresima, dunque, sa generare una vera armonia interiore, che si riflette in una rinnovata capacità di rapporti ispirati alla gratitudine e alla pace.