Quando fuori è ancora buio!

QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

Domenica scorsa il Vangelo ci aveva raccontato la prima parte della giornata di Gesù: la mattina era andato nella sinagoga ad insegnare. Ora l’evangelista Marco ci informa circa il seguito. È come se volesse raccontarci una giornata tipo di Gesù: dopo l’insegnamento, la guarigione dei malati e la preghiera. L’ordine cronologico e logico della giornata vede, però, al primo posto proprio la preghiera, che Marco ci racconta per ultima, dicendoci però che «si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava». È come se l’evangelista – da abile narratore – abbia voluto mettere in scena ciò che di Gesù stupisce la gente: la capacità di insegnare con grande autorità e il potere di guarire da ogni tipo di malattia. Tutto per suscitare una domanda: ma chi è mai costui? Da dove gli viene la forza dell’insegnare e del guarire? La risposta è in fondo al brano, ma sta all’inizio della giornata: Gesù pregava, e dalla preghiera gli veniva la forza che lo sosteneva per tutto il giorno. Potremmo anche fermarci qui per attualizzare nella nostra vita questa porzione di parola di Dio. Non so se abbiamo l’abitudine di alzarci presto la mattina per pregare. Non so se abbiamo la tenacia di ritagliare uno spazio per Dio prima di iniziare con il ritmo stressante delle nostre giornate di lavoro in fabbrica, in ufficio, a scuola oppure nelle occupazioni domestiche. Non so. Forse questa pratica è svanita nel nulla, assorbita dal sonno mattutino, protratto sino all’ultimo minuto utile (d’altronde si tira tardi la sera…). Qualche volta mi viene da pensare che i cristiani iniziano la giornata distrattamente. Non c’è differenza tra il loro modo di alzarsi e quello del… gatto: si stropicciano, si lavano frettolosamente e via, già carichi dei pensieri del lavoro… Ricordo quello che mi disse anni fa’ una donna, che mi stava raccontando quanto era religiosa la sua famiglia e come era cresciuta con i valori cristiani, ma – così aggiunse – «Reverendo, non possiamo certo permetterci il lusso di andare a messa tutte le domeniche!». E già, la preghiera come un «lusso», come un di più, se resta del tempo libero dagli affanni necessari della vita quotidiana. La vita, evidentemente, non è più scandita dalla campana che invita alla preghiera la mattina prestissimo, con la gente che si recava in chiesa per la messa feriale, quando ancora era buio. Lo riconosco: è più difficile, oggi, darsi una regola di preghiera lungo la giornata, perché le campane che danno i loro rintocchi sono altre, ed i ritmi che esse impongono sono meno naturali di quelli segnati dai lavori della campagna. Non si può – e forse nemmeno si deve – tornare indietro. Ciascuno deve gestire la propria vita, ma, se è davvero un discepolo di Gesù, non deve adattare Gesù alla vita, ma la vita a Gesù. Proviamo a spiegare meglio questa idea centrale con l’aiuto che ci viene offerto dalle altre due letture.

Giobbe si lamenta un po’ come noi: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra?». Diremmo noi oggi: «Che fatica, vivere!». Se si lamentava Giobbe, vuol dire che ogni esistenza in ogni tempo e in ogni luogo può contenere il germe dell’insoddisfazione e della lamentela.

Paolo è animato da ben altro sguardo sulla sua vita – pure faticosa e piena di pericoli – tanto che rifiuta di considerarla un peso, ma proclama che il suo ministero di apostolo del Vangelo è per lui un dovere, non un vanto, ed è disposto a fare tutto per il vangelo che gli è stato affidato: a farsi debole con i deboli per poterli guadagnare alla causa di Gesù Cristo, a farsi servo di tutti per guadagnare il maggior numero di persone.

Due modi diversi di affrontare due situazioni simili, segnate dalla fatica. Che cosa differenzia Giobbe da Paolo? Potremmo rispondere che è Gesù ciò che li differenzia. Ovvero: Paolo vive secondo lo stile della giornata di Cafarnao. La sua vita ha un chiaro «perché», che viene costantemente ricordato e rafforzato nella preghiera quotidiana. Paolo riferisce ogni momento della sua vita a Gesù Cristo – e pregare significa ultimamente proprio questo – e quindi sa affrontare con forza e coraggio ogni evenienza, anche quelle più drammatiche. Quando si ha un «perché» per vivere, si sopporta ogni «come». E il «perché» si trova al mattino, quando fuori è ancora buio.

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