Corriere di Como, 4 luglio 2017
Ieri mattina è morto Paolo Villaggio, attore e scrittore noto al grande pubblico soprattutto per il personaggio del ragionier Ugo Fantozzi, protagonista di una lunga serie di film, non tutti certo dello stesso valore cinematografico ma tutti entrati nell’immaginario collettivo, tanto che possiamo senz’altro dire che, se Villaggio è morto, Fantozzi invece è immortale. La comicità del povero ragioniere, angariato in ufficio e nella vita domestica, va a braccetto con la caricatura dell’italiano medio, che è contento di subire, che non riesce ad avere successo, a far emergere le sue qualità e, soprattutto, è costretto a fronteggiare la sfortuna colossale che investe giorno dopo giorno la sua vita, per il resto del tutto ordinaria. Alcune scene sono sicuramente entrate a far parte del patrimonio del genere comico della cinematografia mondiale. Ricordo la scena in cui il ragionier Ugo prende il bus saltando dalla finestra e rincorrendolo lungo la strada, trascinando fuori tutti i passeggeri. O quella della proiezione del film “La corazzata Potemkin”, e la famosa espressione con cui il coraggioso impiegato dichiara il giudizio condiviso da tutti. In fondo, nella caricatura – necessariamente concentrata ed esagerata – del ragionier Fantozzi si trovano aspetti con cui facciamo i conti anche noi nella nostra vita. Fantozzi, quindi, ci ha fatto e continua a farci ridere. Ma – sul piano di un freddo raziocinio – suscita una richiesta di giustizia riparatoria per tutte le vessazioni che deve subire. E – ad un livello di calda emotività – innesca un moto di tenerezza, incredula che ci sia un uomo a cui possano capitare tante disgrazie insieme. Insomma, ribellione e pietà, nascoste sotto la coltre della risata liberatoria.
Ma se Fantozzi continua a vivere, Paolo Villaggio è morto. Devo essere onesto: alcune dichiarazioni pubbliche, in cui sbrodolava la sua accanita anticlericalità o dileggiava personaggi come Madre Teresa di Calcutta («topo albanese») o Benedetto XVI («se comparisse sul balcone di piazza San Pietro con la sua voce ma vestito come Himmler farebbe svenire di paura molti ebrei»), non mi hanno fatto ridere neanche un po’. Qualche anno fa’, disse che stava pensando seriamente al suicidio, e che la data di morte gli era stata rivelata da una maga russa. Credo che gli ultimi anni della sua vita non siano stati molto felici, perché il signor Villaggio è invecchiato male. E in questo, il Villaggio ottuagenario era profondamente diverso dal ragionier Fantozzi, che appariva sì come un mollusco, ma era decisamente simpatico e divertente. Il vecchio attore e scrittore, invece, chiuso dentro la sua vestaglia (perché i pantaloni non gli entravano più ormai da vent’anni), sembrava affetto da una forma di risentimento inacidito.
Come disse Paolo Villaggio in una intervista nell’agosto 2015, al suo funerale il ragionier Ugo Fantozzi «arriverà sicuramente con un tragico ritardo. Resterà fuori dalla chiesa, sotto l’implacabile nuvoletta da impiegato. Con la lingua cartonata, mani spugnate e due triglie marce sotto le ascelle».
Come è bello leggere chi parla chiaro, perchè quando si nasce si è belli e quandi su muore si è bravi. Ma non è poi sempre così