Via verità e vita

QUINTA DOMENICA DI PASQUA – Anno A

Le parole di Gesù a Tommaso sono nette e chiare, senza “se” e senza “ma”: «Io sono la via, la verità e la vita». Il povero Tommaso aveva rivolto a Gesù una domanda che anche noi sentiamo nostra: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Tommaso, come tutti noi, vuole istintivamente prima conoscere la meta: «Dimmi, Signore, dove vai, e poi studieremo il percorso per arrivarci». Per Gesù, invece, prima c’è la strada, e la strada è Lui. Come a rispondere: «Tommaso, mettiti sulla strada con me, fidati totalmente di me e vedrai che arriverai nel posto giusto». È una logica da piccoli, quella di Gesù, che contrasta con quella degli adulti. È la logica della mano del bimbo stretta dentro la mano del papà. È la logica del bimbo incastonato dentro le braccia della mamma. Il bambino non sa dove va, ma, se è certo di andarci nella mano del papà o tra le braccia della mamma, allora non gli interessa di saperlo, si fida e basta.

Dunque, prima di tutto «Io sono la via». Il cristianesimo è una religione della strada, del cammino. Non è un pensatoio in cui la mente elucubra idee e s’avvolge in esse come in un mondo virtuale creato a tavolino. Noi cristiani camminiamo e seguiamo il nostro Maestro che cammina. Stiamo dietro a Lui, nonostante Egli ami poi stare al nostro fianco, come quel giorno lungo la strada che da Gerusalemme porta ad Emmaus. Il fatto che Gesù abbia detto innanzitutto «Io sono la via» sta ad indicare il perenne movimento della sua Chiesa che mira a raggiungere ogni uomo. Il rischio che corriamo è quello di ridurre tutto a qualche formuletta ingessata, ad un vago riferimento ad un Gesù che sta più nella nostra testa che sulla strada su cui Egli continua a camminare, forse addirittura soltanto ad una credenza in un Dio che non fa nemmeno i conti con la sua incarnazione nel Dio di Gesù Cristo.

Ma poi, anche, «Io sono la verità». Questa è una parola caduta in disuso. Se la utilizzi ti guardano male, come un pericoloso fondamentalista che ha la pretesa di imporre qualcosa di unico che vale indistintamente per tutti. E siccome parlare di verità non è di moda, tanti di noi hanno smesso di pensare a Cristo come la Verità. È una verità tra le tante. Ogni uomo ne ha una. Ogni religione è, da questo punto di vista, equivalente: basta credere in qualcosa. Di moda è diventato ostentare la propria confusione, l’assenza di punti di riferimento certi. Se affermi che la verità non esiste o che comunque non sai bene dove sia, o meglio che sta un po’ dappertutto, un po’ qui e un po’ là, allora questo parlare da smarriti crea un seguito. Se Gesù afferma che egli è la via e insieme la verità, vuol dire che l’ideale non sta tanto nell’essere semplicemente sulla strada (è il famoso “on the road” che ha costituito il modello di tante generazioni sbandate) quanto invece nel camminare nella compagnia di Qualcuno che in un certo senso costituisce la meta del cammino. Siccome la verità si è fatta via per venirmi incontro, io cammino sulla via che porta verso questa verità. Il cristiano è proprio uno che s’appassiona continuamente a questa verità, la approfondisce nella conoscenza e soprattutto la assapora nell’esperienza concreta del vivere quotidiano.

Da ultimo, «Io sono la vita». Torna il problema della felicità. Se la parola «via» indica il cammino (spesso con tutte le asperità, le fatiche, i dubbi, le soste, gli errori di percorso) e se la parola «verità» suggerisce la meta del cammino e quasi il suo traguardo finale, ma anche la concreta compagnia che vi conduce, la parola «vita» richiama il bisogno di pienezza che nutriamo in cuore. Dicendo così, Gesù sembra volerci rassicurare che il cristianesimo non è una mera consolante religione dell’aldilà, un sacrificio prolungato quaggiù in vista di un premio eterno lassù. La vita che Egli è non è solo un «oltre» da aspettare e da sperare, ma è un «oltre» che comincia già a rivelarsi e a costruirsi nell’oggi. Certo, se uno continua a pensare alla felicità come all’appagamento di tutti i propri desideri, rimarrà deluso da ogni via che percorre e da ogni verità che crede di abbracciare. La felicità è vita. Sta dove la si lascia entrare. Ancora una volta è una logica da piccoli, non certo da adulti.

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