Il dubbio di Giovanni

TERZA DOMENICA DI AVVENTO – Anno A

Val Bedretto invernaleL’immagine offerta dal vangelo odierno è consolante per noi. C’è il più grande tra i nati da donna, Giovanni Battista (e se lo dice Gesù, possiamo credergli), eppure anche lui è attraversato dal dubbio. Non è il Giovanni sicuro di sé del vangelo di domenica scorsa, colui che urlava nel deserto e aveva parole di fuoco per tutti. Ora, sembra che la vita lo abbia lavorato, ne abbia smussato gli angoli. È in carcere e va incontro a morte sicura. E dubita. S’interroga: avrò visto giusto? Avrò fatto bene? Ecco, allora, la domanda chiara rivolta a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?».

Come, Giovanni? Sembravi così sicuro quel giorno che Maria arrivò nella casa di tua madre Elisabetta. Allora eri ancora nel suo grembo e anche Gesù aveva appena cominciato ad abitare quello di Maria. Fu una gara di sussulti. Allora eri certo dell’identità di quel Gesù. Lo sentivi in quella misteriosa comunicazione che c’è dal grembo materno. Poi, crescendo, ti sembrò che le cose diventassero chiare: quel Gesù avrebbe salvato Israele, era lui il Messia tanto atteso. Ma ora tutto è attraversato dal dubbio. Non sei più sicuro. Domandi un sì netto da parte dell’interessato. Sei un profeta in cerca di conferme.

Dicevo: è consolante il dubbio del Battista. Quando mancano due settimane al Natale, anche il nostro Avvento rischia di incrociare la stanchezza del medesimo dubbio. Ma sono così sicuro che Colui che viene è il Salvatore del mondo? Tutta la gioia e la felicità di cui ci parla il profeta Isaia anche nella prima lettura di oggi dove sono? Se mi guardo intorno, se mi guardo dentro, se guardo dentro casa mia, dove le trovo? Non trovo forse tanto smarrimento, tanta fatica? Signore Gesù, sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?

Alzi la mano chi non è mai stato attraversato da questo dubbio. Se qualcuno non lo ha mai provato, forse è perché non ha fede. Chi ha fede, cade spesso nello smarrimento. Chi ha fede, dubita. Si ritrova tante volte messo nell’angolo a pensare che forse ha sbagliato tutto, forse ha preso un abbaglio. Sono tanti i motivi della crisi: la delusione, la sofferenza, la malattia, il lutto per la morte di qualche persona cara, il peso talvolta insopportabile della propria fragilità e del proprio peccato da cui non riusciamo a liberarci.

Che risposta arriva a Giovanni chiuso nel carcere di Erode? Non arriva una vera risposta, di quelle teoriche da scrivere sul taccuino. Gesù mostra dei segni, che sono i segni rivelatori dell’era messianica: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i muti parlano, i sordi odono. Bisogna guardare, prima ancora che capire. Guardare quello che accade, con occhi meno distratti. Scorgere le tracce del regno di Dio già presente in mezzo a noi. Un’operazione che non sappiamo o non vogliamo fare. Quando il dubbio e la delusione ci attanagliamo il cuore, ci chiudiamo a riccio e non guardiamo nient’altro se non lo spettacolo miserevole della nostra vita. E ci sfugge, allora, proprio la presenza sottile e nascosta di Dio, che passa in gesti di totale e impensabile gratuità, di entusiasmo altrimenti inspiegabile, di fedeltà al quotidiano, di capacità di attraversare la vita nonostante grandi sofferenze. Persone così ci sono, e non sono lontane. Anzi, spesso sono proprio lì accanto a noi. E spesso, pur nelle nostre lamentele e nelle nostre lentezze, anche noi siamo persone così per chi ci sta accanto. Si tratta di guardare in un modo diverso da come siamo abituati a guardare. Si tratta di scrutare con uno sguardo interiore. Di leggere e interpretare in modo nuovo. Dobbiamo guardare e, insieme, portare una pazienza eroica. Ce lo dice Giacomo nella seconda lettura odierna. Le sue parole continuano quelle di Gesù e invitano anch’esse a guardare: «Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina».

Oggi è la domenica della gioia, nel cammino dell’Avvento. Una gioia tessuta di pazienza, e magari attraversata dal dubbio e dalla fatica. Non un’allegria qualunque, ma una gioia partoriente, come sarà, da qui a qualche giorno, quella di Maria.

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