EPIFANIA DEL SIGNORE
Il racconto dei Magi che abbiamo ascoltato ci aiuta a concludere la prima operazione della nostra «sartoria» cristiana – iniziata nella prima domenica di Avvento – con l’acquisto della settima stoffa: è la prudenza, la quarta virtù cardinale.
I Magi sono maestri di prudenza, ed il racconto di Matteo contiene alcuni spunti interessanti, che ci aiutano a capire l’importanza di questa virtù per la nostra vita: essa ci permette di comprendere in ogni circostanza quale sia il nostro vero bene e ci dispone a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo.
Un primo insegnamento che i Magi ci offrono in ordine alla prudenza è questo: pur lontani da Gerusalemme, si mettono in viaggio, nonostante sappiano che non sarà un viaggio breve e agevole. Questo fatto c’insegna che la prudenza non è affatto sinonimo di esitazione, tentennamento, rimando all’infinito delle proprie scelte. La prudenza non ti dice mai: «Per paura di sbagliare, stai fermo!». Affatto: essere prudenti non equivale a rinunciare a camminare, ma a camminare, semmai rinunciando a ciò che nel cammino ti si rivela come inadeguato a raggiungere la meta buona prefissata. Il prudente è il vero coraggioso, anche se la prudenza del coraggioso è proprio la virtù che lo aiuta a non essere avventato. Ho il sospetto che oggi si confonda il coraggio con l’avventatezza proprio a causa del-l’assenza della prudenza, come luce regolatrice del cammino.
Nella vicenda dei Magi, in effetti, la luce ha un posto particolare. È una stella luminosa apparsa nel cielo a suscitare il loro interesse. Quella luce li interroga, li stimola ad una interpretazione del segno celeste, li sospinge a farsi e a fare domande, prima e durante il cammino. Ora, tutto ciò è tipico della prudenza, che si manifesta nell’uomo come un’autentica capacità di valutare le situazioni alla luce di alcuni principi certi. La stella in cielo rappresenta proprio questo aspetto della prudenza, questa luce che rivela di volta in volta la strada più giusta per raggiungere il bene. Talvolta questa luce sembra svanire. È necessario allora fermarsi, riflettere, lasciarsi illuminare dai fatti e dalle persone che incontriamo (fatti e persone che ci appaiono casuali, ma non lo sono), chiedere consiglio a qualche persona fidata e saggia, valutare i consigli stessi e rimettersi in cammino. E la stella ricompare e si prova una grandissima gioia. I Magi hanno usato tutta la loro intelligenza nell’interpretare il segno della stella prima di partire, e poi hanno continuato ad essere vigili e docili e anche un po’ testardi nel perseguire lo scopo del loro viaggio. A noi può accadere che ci manchi la capacità di interpretare, perché viviamo un po’ troppo distratti e stiamo sulla strada come dei viandanti, mentre dovremmo essere pellegrini che hanno una meta. O che ci difetti la conoscenza di quei principi certi e basilari che sono necessari alla riflessione e alla decisione, per cui agiamo in forza di luoghi comuni e ci lasciamo decidere dalla massa e la legge delle nostre giornate è l’improvvisazione. Invece, i Magi c’insegnano che la prudenza non è improvvisazione, ma ponderatezza.
Vorrei segnalare un terzo insegnamento. Non sappiamo quanti fossero i Magi: dai doni si è ipotizzato che fossero tre. Di sicuro, erano più d’uno e avevano viaggiato insieme. Mi viene subito in mente la Chiesa, questa comunità concreta che è anche comunione d’intenti e che si identifica in alcuni volti precisi. La Chiesa è il dono natalizio – è la carne di Cristo che continua qui ed ora – di un luogo in cui costruirci pazientemente a vicenda e in cui imparare a prendere decisioni sagge per la nostra vita. Non sarà tempo sprecato quello passato insieme, anche se talvolta costa fatica. La Chiesa è madre di prudenza, ed un cristiano senza Chiesa è già un imprudente, è un «magio» che cammina da solo e che si è perduto prima di raggiungere la casa dove c’è Gesù con Maria, sua madre. Mi viene in mente anche un’altra cosa: è l’amicizia il luogo della prudenza, e gli amici veri sono proprio la prudente compagnia del nostro cammino, coloro che continuamente ci spronano a stare in carreggiata e condividono con noi le gioie e i dolori, le soddisfazioni e le fatiche della vita. Attraverso di loro il Natale è… quotidiano, perché Dio continua a rivelarsi a me come Verbo fatto carne. E, in un certo senso, continua a crearmi.