MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
Ci si scambiano gli auguri, oggi. «Buon Anno», si dice. Ma da cristiani, oggi, Ottava di Natale, potremmo ancora ripetere: «Buon Natale». E, in fondo, per un cristiano queste due forme augurali coincidono perfettamente: la bontà del tempo dipende tutta e soltanto dal fatto che questo tempo è abitato da Dio. Abitato non in un modo simbolico, ma carnale. Il nostro tempo è abitato da un uomo che è Dio, perché «il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi».
Ci auguriamo cose belle e cose buone, in questi primi giorni dell’anno nuovo. C’è chi quest’anno si sposerà e formerà una nuova famiglia. Chi attende una nuova nascita che viene ad allietare e ad allargare la sua famiglia. Chi andrà in pensione. Chi cambierà casa o comprerà una macchina nuova. Dovremmo essere capaci di dire «buon anno» e di far capire all’altro che vorremmo dirgli «vero anno», perché vogliamo augurargli cose buone e belle che siano anche vere. Purtroppo ci sono anche cose che sembrano belle ma non sono buone, e soprattutto non sono vere. E ci saranno nei mesi a venire cose non belle che però saranno sicuramente vere, e che quindi rientrano a pieno titolo nell’augurio di un anno buono.
Il futuro non ci appartiene, ed è nelle mani di Dio. Il quale però ci regala il presente come grande occasione per cogliere la sua bontà che passa e per costruire cose buone, cose belle e cose vere. Costruire è più che augurare, ma sarebbe un po’ falso il nostro augurare se non contenesse anche la volontà di costruire. Costruire per noi e contribuire a costruire per gli altri cose buone, cose belle e cose vere.
Cose buone. La parola chiave che la liturgia oggi usa è «benedire». Pensiamo subito al gesto del sacerdote che alza la sua mano su di noi e fa il segno della croce. Certo, questo è un gesto di benedizione. Ma è bene andare alla radice di questa parola. Benedire significa primariamente «dire bene». L’augurio – che è anche un impegno – è a dire tutto il bene possibile, cercando di zittire tutto il male di cui spesso facciamo esperienza dentro di noi e attorno a noi. Succede che diventiamo incapaci di vedere il bene che ci abita, e che ci abita nonostante sia in coabitazione con il male. I medievali dicevano che il bene è diffusivum sui. Potremmo tradurre: il bene è contagioso, è capace di farsi strada anche in mezzo al male. Ad un patto: che lo riconosciamo, senza eccessi di superbia ma anche senza eccessi di quello strabismo che talvolta ci fa vedere brutti. E impariamo, una buona volta, a vedere il bene che c’è nell’altro e a goderne, invece di invidiare. È il modo più autentico di benedire. Di augurare, cioè, cose buone.
Cose belle. Qui la parola chiave è «volto». La formula di benedizione del sacerdote Aronne che abbiamo ascoltato nella prima lettura dice: «Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace». Dopo l’incarnazione del Figlio di Dio, questa benedizione è assolutamente un impegno. Come brilla il volto di Dio su di te? Con il tuo volto che brilla per gli altri. Sii tu il volto di Dio per i tuoi fratelli e il tuo volto brillerà e il Signore ti concederà la pace. Il volto dice bellezza. Chi è innamorato capisce, perché sa che cosa può fare la bellezza del volto della persona amata nella sua vita. Dobbiamo imparare a usare di più il nostro volto nel rapporto con le persone. Spesso ci limitiamo alle parole. Che parlano di meno del volto. Augurare cose belle significa impegnare il proprio volto ad essere bello.
Cose vere. La verità della vita sta in quel gesto di circoncidere il bambino Gesù quando furono passati gli otto giorni prescritti dalla Legge. Circoncidere è un gesto che comporta una sofferenza: Gesù ha versato per la prima volta un po’ del suo sangue ed uno dei suoi primi vagiti di neonato è stato un vagito di dolore. Le cose vere comportano sempre fatica. Ma dobbiamo credere che questa fatica è al servizio della bontà e della bellezza autentica della vita. Augurare cose vere è più difficile che augurare cose buone o cose belle. Costruire cose vere lo è anche di più che augurarle. Eppure, da cristiani, non c’è alternativa a questa fatica gioiosa del vivere, in cui il sacrificio per costruire il vero è l’anima dell’amore e il segreto della felicità.