VENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
È il momento più drammatico della vicenda di Gesù: «Molti dei discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui». Certo, ha moltiplicato i pani e i pesci e ne aveva cinquemila di discepoli. Perché mai, poi, Gesù si è messo a fare certi discorsi strani sul pane vero e sulla sua carne da mangiare e sul suo sangue da bere? Discorsi un po’ incomprensibili a fronte di un gesto così chiaro. La gente travisa, capisce quello che vuole. A confondere le parole c’è il sapore di quel pane mangiato gratis! Anche i discepoli più stretti fanno fatica a seguire Gesù in questa strategia e si domandano che cosa ha in mente il loro maestro? Ne concludono che «questa parola è dura». Meglio abbandonare un’impresa di cui non si vede con chiarezza la meta. Gesù deve essersi sentito solo. Forse credeva di convertire quella gente con la forza magica del suo sguardo, con quel discorso così profondo.
Già, ma che cosa aveva in mente Gesù con quelle parole che anche noi abbiamo ascoltate nelle domeniche di questo mese? Noi dovremmo saper rispondere. Gesù aveva in mente l’Eucaristia. E l’Eucaristia è il gesto che rende vere le parole, è il gesto che illumina lo stesso miracolo della moltiplicazione dei pani. Ma soprattutto è il gesto che Gesù progetta proprio nel momento in cui avverte che «molti non andavano più con lui». L’Eucaristia è il capolavoro dell’amore di Dio perché nasce sul terreno della sconfitta, della solitudine, dell’abbandono da parte dei discepoli. Gesù avverte che le sue parole con convertono, ma non ne dice di più dolci e allettanti, continua a fare un discorso «duro», anzi medita un dono ancora più totale, completo in cui tutta la sua carne è donata e tutto il suo sangue versato. L’Eucaristia fiorisce nel momento della incomprensione, e fiorisce nella mente di Dio che mendica l’adesione dei suoi discepoli. Di cinquemila sfamati gliene sono rimasti dodici, e anche quelli forse non hanno capito, anche quelli forse meditano un abbandono. Ma Gesù non usa nemmeno con loro parole dolci. Egli va in cerca di qualcuno che sia disposto a seguirlo nel suo progetto, sino in fondo. La sua parola ai Dodici è tagliente come una lama: «Volete andarvene anche voi?». Che voglia di dire di sì! Di defilarsi in ordine sparso con la testa china. Ma in fondo non è stato lui, il Maestro, a chiederci se volevamo andarcene? Meglio abbandonare adesso di fronte ad una domanda così chiara… La tentazione è forte. Del resto, quando i nostri conti non tornano – e noi facciamo i conti sempre, anche quando non dovremmo tirare le righe, ma ci piace calcolare – è consigliabile fermarsi, tornare indietro, abbandonare la nave. A noi non viene in mente l’Eucaristia, quando i conti non tornano. Non ci viene in mente la logica del dono, che continua a mietere amore anche al buio, a far sgorgare acqua dalla roccia, a far fiorire la terra nel nascondimento. Quella logica splendida che san Paolo nella seconda lettura di questa domenica applica all’amore coniugale, in cui l’essere capo del marito o l’essere sottomessa della moglie è la stessa cosa perché è solo amore, è solo dono, è a immagine del rapporto che unisce Cristo alla Chiesa, che unisce quel Maestro esigente e abbandonato da tutti a quel piccolo gregge che anticipa la grande Chiesa.
Ecco allora ritornare la domanda tagliente di Gesù: «Volete andarvene anche voi?». Per fortuna c’è Pietro a rispondere. Pietro è uno che ci assomiglia, perché assomiglia tanto ad una roccia, ma in realtà è fatto della nostra stessa carne, nutre i nostri stessi dubbi, piange le nostre lacrime, incarna i nostri slanci e le nostre delusioni, vive le nostre fragilità, talvolta è istintivo e rozzo come sappiamo esserlo noi. Ma anche in quei momenti in cui manifesta la nostra imperfetta umanità, Pietro è roccioso, chiaro. La sua risposta è tagliente come la domanda che è stata rivolta da Gesù: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». Pietro risponde così non perché ha capito la logica di Gesù, non perché vede chiaro il suo progetto, non perché non nutra le perplessità degli altri. Pietro semplicemente si fida dell’amicizia con quel Gesù che sa donare tanta serenità, tanta luce, tanto bene, tanta tenerezza. Dove vuoi che andiamo, Signore, dopo che abbiamo sperimentato, anche solo una volta, quanto è bello stare con te?
Non se la prenda Don Agostino se i discepoli sono andati in crisi….capita anche a noi! e guardi che ci vogliono proprio queste “crisi” per guardarsi dentro.Che bello sarebbe se i mariti volessero bene alle loro consorti come l’esempio di Cristo. Purtroppo si vede il contrario. Il fatto è che le cose non funzionano perchè nessuno pensa ad aprire il cuore, a cercare il bene dell’altro, sia che sia marito o moglie o un comune essere umano. Ha capito che aprire il cuore significa Amare?
Amare è la cosa più difficile, è per questo che le cose non funzionano, Le pare?talvolta non si riesce nemmeno a capire dove si nasconde Gesù. Preghi per me.