Perbacco, quanta acrimonia nei giorni che avrebbero dovuto vedere all’opera la tenerezza del Natale! Si sono scatenate furiose catene di sant’Antonio, pro-Bergoglio e contro-Bergoglio (e queste ultime – cosa gravissima – sarebbero pro-Ratzinger). Insomma, la solita polemica dicotomica che affligge la politica, il calcio, il mondo, è entrata – come fumo di satana – dentro la Chiesa. Sia chiaro, c’era già da tempo, e questo dispiace, ma vederla all’azione pro o contro il Papa fa male ancora di più. L’articolo della vigilia di Natale di Vittorio Messori metteva qualche punto interrogativo, o forse solo esclamativo, sul pontificato di papa Francesco. L’ho letto, e non l’ho trovato né fastidioso nè offensivo, anche se non l’ho condiviso. Normale che possa essere così. Non proclamava certo che le persone della Santissima Trinità sono quattro e che l’Eucaristia è una semplice merenda… Suvvia, è sempre stato permesso muovere critiche ed esprimere dubbi o perplessità, perché adesso dovrebbe essere improvvisamente proibito? E soprattutto proibito, con toni davvero censori e allarmati, da persone che hanno scoperto l’esistenza del Papa il 13 marzo del 2013 quando è stato eletto Jorge Bergoglio.
D’altro canto, quando si scrivono stupidaggini colossali – come quelle messe nero su bianco nel suo libro dal giornalista Antonio Socci circa l’invalidità dell’elezione di papa Francesco – si può anche immaginare che qualcuno si metta semplicemente a ridere e non prenda nemmeno sul serio una elucubrazione giuridica, che vuole nascondere solo un’antipatia teologica.
Papa Francesco ha indubbiamente desacralizzato il suo ruolo di pontefice, ma a chi non lo vede di buon occhio dispiace che sia un Papa che governa e “comanda”. E, paradossalmente, a scandalizzarsene sono proprio i sostenitori da sempre di una concezione del papato forte ed esercitato con autorevolezza. Sembra che l’unico problema sia che papa Bergoglio non “comanda” e non decide come vorrebbero loro, secondo la irreformabile dottrina cattolica di cui si sentono i depositari…
A me pare che un Papa – chiunque egli sia – un buon cattolico debba ascoltarlo sempre con attenzione e simpatia, senza mai mandare in pensione la propria coscienza cristiana, però. Io sono in attesa, lo ammetto, perché l’attesa è la dimensione più importante della nostra vita. Sono in attesa, ma non del Papa o di quanto dirà o di quello che deciderà o dei gesti eclatanti che farà. No, sono in attesa del Cristo che ritorna. E, con buona pace del teologo della liberazione Leonardo Boff, sarà il Cristo nella sua carne risorta a tornare a prenderci, e non lo Spirito Santo che pure ci accompagna nella storia…