Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario. Sentinelle che amano… in Gesù!

«Ti ho posto come sentinella». La parola detta al profeta Ezechiele è ripetuta oggi a ciascuno di noi. Siamo un poco restii ad accettare questo compito di essere sentinella l’uno per l’altro. Vi è un cosiddetto buon senso che sussurra di lasciar fare, di lasciar sbagliare, di non intromettersi, di tenere gli occhi chiusi su quanto fanno gli altri. Anzi, no. Gli occhi è bene tenerli socchiusi, così che si possa curiosare quanto basta, magari fare qualche pettegolezzo alle spalle, ma guardarsi bene dal mettere il naso ufficialmente in quelli che sono “affari altrui”. Invece, la sentinella non è né curiosa né pettegola. È vigilante, perché ama le persone che sono affidate alla sua custodia. Già, ma «sono forse io il custode di mio fratello?». Uso le parole che disse Caino a Dio dopo aver ucciso Abele. Sì, siamo custodi l’uno dell’altro. E la vera custodia – rispettosa, paziente ma tenace, né pettegola né curiosa – non annulla affatto la libertà, anzi la mette in condizione di esercitarsi nelle migliori condizioni possibili. Sentiamoci, allora, responsabili l’uno dell’altro, a partire dalle persone che ci stanno più vicine e che maggiormente sono disposte ad ascoltare il nostro monito, il nostro consiglio, la nostra correzione fraterna e, naturalmente, da cui siamo maggiormente disposti ad essere, a nostra volta, ammoniti, consigliati e fraternamente corretti. La famiglia è il luogo in cui s’impara quest’arte comunitaria che fa crescere la comunione in uno stile di servizio reciproco. Ovviamente i ruoli contano, e ciascuno deve svolgere responsabilmente il suo: il papà e la mamma non devono giocare a fare i coetanei dei figli e questi devono rispettare i loro genitori. Quello che più conta è il clima creato dall’amore vicendevole. Non dimentichiamocelo: la sentinella custodisce perché ama.

Ce lo ricorda san Paolo con quel monito scritto nella lettera alla comunità cristiana di Roma: «Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole». Bella immagine! Nessuno di noi ama avere debiti e cerca di saldarli al più presto. Ma qui Paolo invita a rimanere debitori di qualcosa, dell’amore vicendevole. L’espressione suscita una certa sorpresa, perché nessuna vera relazione di amore può reggersi su un rapporto segnato dalle categorie del debito e del credito: nessuno che ama pretende dall’amato che egli paghi il debito dell’amore che ha ricevuto. L’amore vicendevole è dono reciproco. L’espressione di Paolo è dunque paradossale e vuole proprio ricordarci la verità profonda dell’amore, che è attenzione all’altro. Paolo vuole dirci che è impossibile pretendere un debito di amore, eppure ciascuno di noi deve sentirsi sempre in debito per l’amore che riceve gratuitamente ed è invitato ad usare eguale gratuità nel corrisponderlo. L’amore vicendevole è una gara nel donare, ecco perché uno ha la sensazione di essere sempre in debito. Da questa constatazione potremmo ricavare un proposito: la sera, prima di addormentarci, non dimentichiamo la preghiera della buona notte, magari fatta insieme – marito e moglie, genitori e figli – e, per ripartire la mattina seguente con più coraggio e forza nell’affrontare le inevitabili fatiche quotidiane, facciamo insieme memoria del debito dell’amore vicendevole, sentiamo cioè di aver ricevuto ben più di quanto siamo riusciti a donare e proponiamoci di gareggiare nell’amore vicendevole, nella pratica del servizio e del dono, riducendo al minimo la lamentela e la rivendicazione. Se è vero che la sentinella custodisce perché ama, è anche altrettanto vero che svolge più serenamente la sua mansione perché si stupisce del fatto di essere amata ben più di quanto si merita. Chi avverte l’amore gratuito che lo raggiunge, è disposto a buttarsi con più entusiasmo dentro la trama dei giorni.

Comprendiamo allora la bellezza di quella promessa di Gesù che ci rende tutti più tranquilli: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Grazie Gesù di avercelo ricordato anche oggi! E badate bene che non è una promessa che si realizza solo qui in chiesa quando ci raduniamo per celebrare l’Eucaristia. Anzi, è una promessa da realizzare nella vita quotidiana. Si tratta di mettere il suo Nome nelle cose che facciamo e nelle parole che diciamo. Non sempre si potrà averlo sulla bocca. Sempre, però, dobbiamo portarlo nel cuore.

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One thought on “Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario. Sentinelle che amano… in Gesù!

  1. Dalle mie esperienze vedo che quasi dappertutto, famiglie comprese, viene insegnata a far valere la contabilità del dare e dell’avere fin da piccoli e quando sono i grandi a farne uso, direi che è ancora più squallido. Ma Gesù non si comportava così!

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