Commemorazione di tutti i fedeli defunti. La speranza non delude…

Una delle parole più belle di Gesù, una promessa consolante, sta proprio nel vangelo che abbiamo appena ascoltato. Gesù parla alla folla e afferma di essere venuto a fare la volontà del Padre. E qual è questa volontà di Dio? «Che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato». Possiamo anche specificare meglio e dire «nessuno». Ogni uomo e ogni donna sono stati dati dal Padre a Gesù ed egli (pur rispettando la libertà umana anche di… perdersi) si è impegnato a non perdere nessuno.

Questa prospettiva consolante ci aiuta anche a capire il senso della giornata odierna, che sta tutto in questa speranza fondata sulla parola di Gesù. È una speranza che non delude – come ci ha detto san Paolo – e «non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori». Siamo purtroppo portati a non vedere più questo amore iniziale e gratuito, che Dio ha per noi «mentre eravamo ancora peccatori». La commemorazione dei defunti per un cristiano non ha alcun senso se non è unita alla memoria della morte e risurrezione di Cristo. Quindi, è solo emozione un ricordo dei nostri defunti che non trovi nell’Eucaristia il suo fondamento. Anzi è proprio l’Eucaristia a offrire al nostro affetto e al nostro amore la conferma del desiderio di credere in una vita e in una comunione che supera la morte. Cito spesso alcune parole del filosofo francese Jacques Maritain che, esattamente cinquant’anni fa (nel 1963), in una meditazione sulla Chiesa del cielo (fatta dopo la morte della moglie Raissa) così cercava di descriverla:

«C’è in cielo un’immensa, ininterrotta conversazione. Penso che gli angeli vadano raccontando agli uomini storie della povera nostra terra; come si potrebbe credere infatti che tutto ciò ch’è passato nel fluire del tempo, così colmo di bellezza, d’amore e di dolore, sia stato perduto irrimediabilmente? C’è la memoria degli angeli. In cielo (…) accadono degli avvenimenti; nuovi beati giungono costantemente dalla terra alla vita eterna, accolti dagli altri. Si stabiliscono amicizie. (…) I beati conoscono ormai senza difetto il mondo che lasciarono, ne conoscono il rapporto con Dio e con i suoi piani eterni. (…) L’amore che un giorno nutrirono per le persone care lo conservano in cielo, trasfigurato, ma non abolito dalla gloria. E se era un amore di carità, aveva già in terra l’aspetto che avrebbe poi avuto in cielo. (…) L’altro mondo è presente nel nostro mondo, vi penetra invisibilmente come fa il fulmine. In ogni tabernacolo c’è Gesù glorioso nella sua umanità e divinità e c’è dunque tutto il cielo, in quanto nell’Eucaristia il corpo del Signore è di per sé il simbolo del corpo mistico. I beati sono tutti presenti, si affollano dietro a Lui, non sacramentalmente certo, ma con la loro attenzione, la loro adorazione e il loro amore per Lui, che è anche amore per noi. Se non possiamo immaginarli, possiamo tuttavia amarli (…). Li raggiungiamo con il nostro amore e la nostra preghiera come fanno anch’essi. (L’Eucaristia) è la porta del cielo aperta sulla terra».

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