Maria Grazia, la bimba gettata nel cassonetto: «L’universo intero è meno prezioso di te!»

Ci stiamo preparando a celebrare anche quest’anno la Giornata nazionale per la Vita, domenica 3 febbraio 2013. Sembra incredibile che in una società come la nostra in cui si sprecano le parole per difendere i diritti di chicchessia – alla libertà individuale, all’autodeterminazione, all’istruzione, al lavoro, alla privacy, ecc. – il diritto primigenio, quello su cui tutti gli altri trovano un fondamento, il diritto alla vita è il meno invocato, il meno protetto, il meno considerato.

La legislazione vigente non aiuta certo il costume, anzi lo imbarbarisce, come è successo in Sardegna, ove nell’ospedale di Carbonia una bimba di 22 settimane è stata partorita morta, e la madre, davanti a quel corpo ancora piccolo (25 centimetri circa, ma già completamente formato con la testa, le gambe, le mani e i piedi) ha chiesto di poterla seppellire, ma ora il corpo della piccola non si trova più, e forse è stato gettato via  insieme alla placenta e al cordone ombelicale della mamma.

Vale la pena, allora, leggere ed ascoltare la lettera aperta del cardinale di Bologna, Carlo Caffarra, alla piccola Maria Grazia, la bimba ritrovata dentro un cassonetto della spazzatura a pochi passi dall’Arcivescovado. Il testo è stato pubblicato sul settimanale diocesano Bologna Sette, inserto di Avvenire.

«Cara Maria Grazia, sei stata buttata nei rifiuti sotto la mia finestra, vicino alla mia casa. Eri diventata qualcosa di troppo; un di più di cui bisognava disfarsi. Come è potuto accadere? Perché non sei stata guardata con gli occhi dell’amore, forse resi ciechi da un indicibile dramma. E quando non guardo l’altro con questi occhi, esso diventa un residuo da cui liberare la realtà. Un rifiuto di cui disfarsi.

Sei stata salvata perché il tuo vagito ha trovato ascolto nel cuore paterno di due uomini buoni. Il tuo vagito vale più di tutti i nostri calcoli egoistici, perché ha gridato che nessuna persona può essere rifiutata. Ci ha ricordato che l’intero universo è meno prezioso di te, anche quando vagivi in mezzo ai rifiuti; è meno prezioso di una sola persona umana. Grazie per avercelo ricordato dal fondo di un letamaio. Il tuo vagito entri nella coscienza di ciascuno di noi fino in fondo, e dentro la nostra città.

Il cassone dell’immondizia posto sotto la mia finestra fu guardato con occhi pieni di amore da Dio stesso, perché in esso c’era la sua immagine. Non rinunciamo più alla verità che ci è stata svelata dal tuo vagito: nessuna persona è da buttare, perché in ogni persona è presente un mistero da venerare. Tanti sono passati davanti a quel cassonetto. Io stesso lo vedo ogni volta che mi affaccio alla finestra. Continueremo a vivere dimenticando chi siamo, e come fossimo tante solitudini pressate l’una contro l’altra? Eppure ancora mi attraversa il tuo vagito, che indica la verità di cui andiamo affannosamente in cerca, nei nostri giorni divenuti tristi.

Grazie, piccola bambina, perché ascoltando il tuo pianto ho imparato ancora più intimamente cosa significhi essere padre: prendersi cura di ciascuno perché nessuno sia più sfigurato. Che la nostra città percorra, guidata dal tuo vagito, l’intero cammino che porta dalla solitudine all’amore. Che il tuo vagito sia il dolore di chi ha generato in noi la coscienza della nostra umanità, e ci ha fatto sentire il peso specifico di essere persone: per sempre. Grazie, piccola madre di noi tutti».

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