Come dice l’etimologia, il «registro» è tale se riporta qualcosa. Se è vuoto, significa che è inutile, almeno come registro. A Orsenigo, comune della provincia di Como, da cinque anni esiste un registro delle coppie di fatto e – lo leggo oggi sul quotidiano locale – in cinque anni nessuno vi si è registrato. Mi lascia sempre sorpreso che si possa sprecare un registro per le coppie di fatto.
Mi spiego. Nella nostra Repubblica, quando ci si sposa, si viene registrati in Comune nel registro dei matrimoni, ed è ovvio che sia così: il matrimonio è per sua definizione pubblico e chi si sposa intende anche rendere pubblico il suo nuovo stato di vita. Chi decide di non sposarsi e convive, lo fa proprio perché non crede in quella che considera una scrittura sociale di un rapporto che egli intende invece come intimamente racchiuso in un rapporto inter-individuale. Non vuole pubblicità e riconoscimento pubblico per quello che considera un contratto tra privati, insomma. Perché mai i conviventi di fatto che hanno rifiutato l’iscrizione o la trascrizione di un matrimonio civile dovrebbero andare a iscrivere i propri nomi in un registro? Se vogliono restare coppie di fatto, non hanno alcun bisogno di un registro di diritto…
Insomma, hai voglia a dire che non è una questione ideologica ma soltanto amministrativa. Le coppie di fatto – come dice la parola stessa – sono di fatto e non hanno bisogno di essere riconosciute, perché, anche amministrativamente parlando, per quel riconoscimento esiste già un altro registro, ed è quello dei matrimoni. E su quello, in cinque anni, qualche nome invece è scritto… anche a Orsenigo.