Gesù, pienezza della divinità

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno A

Foto AC

San Paolo non c’era sul monte Tabor ad assistere allo spettacolo della trasfigurazione di Gesù. Eppure, scrivendo ai Colossesi, enuncia in modo perfetto quello che Pietro, Giacomo e Giovanni videro sul monte: «È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità».

Forse Paolo si ricordava il Cristo luminoso che lo aveva accecato sulla via di Damasco gettandolo a terra. In effetti il Cristo del Tabor è un’anticipazione del Cristo risorto. Gli manca, però, qualcosa di decisivo: i segni del suo amore, le ferite corporali lasciate dalla morte di croce. Il Cristo che apparve a Paolo sarà già il Crocifisso risorto. Il Cristo della trasfigurazione era ancora l’uomo che andava incontro alla croce, visto però di già nello splendore della sua divinità. Egli dialoga con Mosè ed Elia, con la Legge e i Profeti, ma c’è lui solo ormai a suggellare quel percorso di avvicinamento di Dio all’uomo che Mosè ed Elia rappresentano: sulla scena del Tabor siamo rassicurati dalla voce del Padre che Gesù è proprio la pienezza, non c’è ormai nessun altro da ascoltare e da seguire che non sia lui. E in lui abita corporalmente la pienezza della divinità.

Non è un fantasma anche se il suo volto brilla come il sole. È significativo che Gesù tocchi i tre discepoli caduti con la faccia a terra per riportarli alla realtà del cammino che li attende una volta scesi dal monte. Questa dimensione corporale del Cristo, che è stata come trasfigurata per un attimo di estasi, è la via maestra: il cammino verso Dio è un cammino umano. Allora, questa seconda tappa annuale nell’itinerario della Quaresima verso la Pasqua è come la rivelazione anticipata dell’esplosione di luce della risurrezione, ma è anche l’annuncio che dal monte bisogna scendere e affrontare il buio di tante situazioni difficili che continuano nella storia il mistero della Croce di quel corpo di Cristo che è la Chiesa pellegrinante nel tempo.

Anche quest’anno la tappa del Tabor è l’occasione per riscoprire la forza e la bellezza di quella trasfigurazione che ci è data in dono con l’Eucaristia: una sosta salutare sul monte per scendere nella fatica della settimana.

3 thoughts on “Gesù, pienezza della divinità

  1. Le ferite della crocifissione: sono questi i segni della divina regalità di Cristo. I discepoli ( anche noi) contemplano lo splendore di Gesù ma poi devono rituffarsi nel grigiore quotidiano. Allora la contemplazione non è il vertice della nostra vita, bensì una ‘ fase” da cui , rinati nella luce pasquale, con occhi e gesti nuovi, ci immergiamo nelle nostre giornate testimoniando ciò che i nostri cuori hanno intuito.

  2. GESU’ PIENEZZA DELLA DIVINITA’. Nella descrizione di quanto avvenuto sul monte Tabor don Agostino ci puntualizza: “È significativo che Gesù tocchi i tre discepoli caduti con la faccia a terra per riportarli alla realtà del cammino che li attende una volta scesi dal monte.” il suo toccare vale anche per noi, che dobbiamo affrontare il buio delle difficoltà, la dura fatica dei giorni feriali… Ma Gesù ci viene in aiuto e tale fatica possiamo sopportarla proprio con l’Eucaristia, che ha in sé tutta la forza della trasfigurazione; nell’Eucaristia Gesù è presente in pienezza di umanità e divinità. Come è salutare vivere pienamente la SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA!

  3. Brava Anna perché hai scritto: “Allora la contemplazione non è il vertice della nostra vita, bensì una fase”. Infatti noi dobbiamo scendere dal monte ed essere pellegrini..

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