Un Messia (e una Chiesa) agnello

SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

Foto AC

Giovanni fa una confessione che ci suona un po’ strana. Dice di Gesù: «Io non lo conoscevo». Come è possibile? Erano parenti, Maria ed Elisabetta – le madri – si erano incontrate prima della loro nascita.

Giovanni vuole dire che egli aveva dovuto ricredersi su Gesù Messia, sulla sua vera identità, sul suo modo di incarnare l’attesa di un popolo. Adesso che l’ha conosciuto, lo indica con un nome preciso: «Ecco l’agnello di Dio». L’agnello è l’animale mansueto, l’animale del sacrificio. Forse Giovanni aveva in mente il Messia come «leone di Giuda», immagine di un inviato di Dio potente, capace di ruggire e non di belare. Dovette ricredersi, dovette conoscere Gesù per quello che veramente era, un Messia secondo una logica completamente diversa da quella di una potenza vincitrice.

Eppure quell’agnello di Dio, che è Gesù, è capace di togliere il peccato del mondo. Non lo toglie, però, con un colpo di spugna sprezzante e anonimo, ma prendendolo su di sé, assorbendolo nella spugna della sua umanità senza macchia di peccato. La via di Gesù che Giovanni addita non è quella potente del leone di Giuda, ma quella umile dell’agnello di Dio. E se questa è stata in effetti la parabola umana di Gesù – nel vangelo di Giovanni c’è pure una concordanza temporale tra il momento in cui gli agnelli della Pasqua ebraica vengono sacrificati nel tempio, e il momento in cui fuori dalle mura della città il vero agnello di Dio si offre come sacrificio sulla croce – questa deve essere la logica del corpo di Cristo vivente nella storia, che è la Chiesa, e questa deve essere la logica con cui anche noi cristiani dobbiamo essere presenti nel mondo di oggi.

Non è sempre stato così. Ci si è illusi talvolta che la presenza della Chiesa nel mondo fosse una solenne cavalcata trionfale del leone di Giuda. Illusioni sempre andate deluse. La Chiesa dell’agnello di Dio, invece, va sempre avanti senza troppi clamori, spesso in un lavorio nascosto. Forse anche noi conosciamo poco Gesù e abbiamo bisogno di trovarlo e seguirlo, nella sua Parola e soprattutto dentro la nostra vita.

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2 thoughts on “Un Messia (e una Chiesa) agnello

  1. Un Messia (e una Chiesa) agnello. Don Agostino prendendo spunto dalla strana confessione di Giovanni il Battista -Io non lo conoscevo- scrive : “La Chiesa dell’agnello di Dio va sempre avanti senza troppi clamori, spesso in un lavorio nascosto”. E’ proprio in questo lavorio nascosto che noi possiamo conoscere Gesù (con l’aiuto della sua Parola) nel quotidiano dei giorni feriali, nella gioia, nel dolore: dentro la nostra vita! Forse anche noi conosciamo poco Gesù…

  2. Giovanni conosce Gesù nell’ austero silenzio del deserto: lo conosce approfondendo la conoscenza di sé e della propria missione. È come se Giovanni si conoscesse attraverso Gesù. Giovanni chiamando Gesù Agnello anticipa la sua morte cruenta, sacrificale; e già intuisce che anche a sé sarà riservata analoga sorte. Poi significativo che Giovanni dica ” il peccato”, cioè non i peccati ( tanti, deprimenti, ripetuti), ma il male tagliato alla radice per una liberazione totale degli uomini. Per noi accettare Gesù agnello vuol dire accogliere nella nostra vita un Dio volontariamente impotente che non risolverà i nostri problemi ma ci indicherà la via della pazienza, della condivisione ma che sarà sempre accanto a noi.

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