VENTINOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO- Anno C

Gesù troverà la fede sulla terra? Andiamo pure a cercare nel versetto successivo: non c’è risposta a quella domanda. Ma noi una risposta la possiamo dare. Dio troverà la fede sulla terra se troverà una vedova come quella della parabola, la cui fede è capace di convincere a farle giustizia il giudice che non aveva riguardo per nessuno.
Anzi, possiamo addirittura dire che Dio verrà se ci sarà qualcuno che lo importunerà con la sua fede, con la sua preghiera, sino a costringerlo ad avere riguardo per lui. Dio verrà se noi desideriamo che venga e, venendo, quindi, troverà il nostro desiderio, quindi troverà la fede. Si direbbe che Dio è come un amante che è molto sensibile al desiderio dell’amata: se si sente desiderato, arriva. La parabola non usa il linguaggio dell’amore, ma quello della insistenza importuna. Dio si nasconde sotto le vesti di un giudice ateo che interviene perché stremato dal fastidio che gli dà la vedova con la sua insistenza.
Si direbbe che la preghiera è lo strumento più potente per manifestare la fede. E pregare è importunare Dio, dargli fastidio. Con un linguaggio meno provocatorio di quello della parabola, è farlo sentire atteso, desiderato. Del resto lo diciamo nel Padrenostro: «Venga il tuo regno». Ma è così? Vogliamo davvero – con la nostra vita e non solo con le parole dell’abitudine – che venga il regno di Dio? Non è che la salvezza tarda a venire perché noi non la desideriamo? Non è che la pazienza di Dio si spiega con il fatto che Egli, quando verrà, la fede vuole trovarla sulla terra?
Se è così, dobbiamo imparare ad importunarlo con la nostra attesa. In una parola, dobbiamo imparare a pregare. E, in effetti, Gesù racconta la parabola per sottolineare la «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai». Pregare sempre, però, non è dire sempre preghiere. Sant’Agostino diceva che «pregare a lungo non equivale a pregare con molte parole» perché «una cosa è parlare a lungo, altra cosa un intimo e durevole desiderio». Ecco, dobbiamo imparare la preghiera del desiderio che silenziosamente abita il respiro della vita quotidiana.
Ecco, avere fede, fiducia anche nell’ apparente lontananza di Dio è ” pregare sempre”; coltivare il desiderio e il gusto dell’ attesa è ” pregare sempre”: non chiedergli di risolvere i nostri problemi, ma di restare con noi. Si prega sempre vivendo ogni giorno con fiducia, sicuri che Dio manterrà tutte le sue promesse. Una vita aperta, generosa è la costante preghiera che Dio ama e soprattutto la risposta alla silenziosa implorazione di Dio. Eh, sì: noi pretendiamo che Dio accontenti le nostre richieste, ma noi rispondiamo alle sue?
La preghiera del desiderio! A volte noi crediamo, anche in chiesa, che sia importante la lunghezza della preghiera e ci perdiamo in coreografiche preghiere cantando persino il Padre Nostro, che deve essere recitato con attenzione alle singole parole, che vengono invece celate dalla musica. Come ci ricorda don Clerici: Sant’Agostino diceva che “pregare a lungo non equivale a pregare con molte parole» perché «una cosa è parlare a lungo, altra cosa un intimo e durevole desiderio». E’ bene che noi non commettiamo più l’errore di pregare a lungo, spesso superficialmente, e cerchiamo invece di imparare la preghiera del desiderio, che potrà alimentare il senso e il respiro dei nostri giorni feriali. Brava Anna quando ci insegni che “coltivare il desiderio e il gusto dell’ attesa è pregare sempre: non chiedergli di risolvere i nostri problemi, ma di restare con noi”