SECONDA DOMENICA DI PASQUA – Anno C

Tommaso l’incredulo. Lo abbiamo dipinto così, l’apostolo che volle mettere il dito nelle piaghe di Gesù. Eppure sulla sua bocca c’è la professione più limpida e profonda di tutti i Vangeli: «Mio Signore e mio Dio!». A cui giunge partendo da un perentorio «Se non vedo… io non credo».
A ben guardare, la vicenda di Tommaso non è poi molto diversa da quella degli altri apostoli: anch’essi hanno creduto solo dopo aver visto e, se Tommaso fosse stato presente la sera di Pasqua, avrebbe creduto anche lui otto giorni prima. Ma non c’era. E questa assenza mette in movimento una dinamica di fede che rende Tommaso l’apostolo più utile a noi. A lui non basta un Gesù risorto raccontato, la Pasqua per lui non si limita alla conoscenza di una bella notizia.
Tommaso vuole fare un incontro, vuole vedere con gli occhi e toccare con mano, la Pasqua per lui è un’esperienza personale di vita. La sua incredulità è tutta protesa alla fede, e la fede non è una benevola concessione di fiducia ad una cosa che mi scivola sopra senza penetrarmi nel profondo. Per Tommaso Gesù è veramente importante, che sia risorto e vivo è una cosa che cambia la sua vita e quella dei suoi amici. Tommaso l’incredulo, allora, diventa la pietra angolare della fede nel Risorto, anche per noi che pure non abbiamo visto e toccato come Tommaso.
Dovremmo trovare il coraggio di partire, senza vergognarcene, dal «Se non vedo… io non credo» di Tommaso, abitare i suoi dubbi, provare sino in fondo la passione per Gesù, manifestando il desiderio di toccarne il corpo risorto. Senza questo contatto, difficilmente sgorgherà in noi la fede forte e chiara del «Mio Signore e mio Dio!» e resteremo ancorati ad una fede anagrafica, apatica e priva di entusiasmo. Vedete, la fede non è una cosa impalpabile, non s’addice a spiritualismi evanescenti come i fantasmi. No, è impastata di vita concreta, di relazioni e incontri veri di uomini e donne, in cui continuare a toccare il corpo risorto che vive nella Chiesa e nel mondo. A partire da questa Eucaristia in cui, otto giorni dopo, il Signore Gesù sta in mezzo a noi.
La fede è faccenda di carne e di sangue; è incontro ed esperienza. Esige nutrimento e cresce negli interrogativi che erompono dalla vita di ogni giorno e nella concretezza della vita trovano risposte.
Tommaso è l’apostolo in cui ci riconosciamo profondamente come persone, è l’apostolo più vicino alla nostra umanità, l’apostolo più simpatico. Anche noi vogliamo fare un incontro, vedere con gli occhi e toccare con mano! La fede, per non sfilarsi via in evanescenti spiritualismi, deve essere “impastata” di vita concreta, di relazioni e di incontri tra persone e soprattutto con Gesù risorto nell’Eucaristia della seconda domenica di Pasqua…
Definendo Tommaso l’apostolo “simpatico”, mi sono dimenticato di precisare che intendevo il termine originario “sun pathos”, ovvero l’apostolo più utile a noi perchè ha condiviso con noi il “pathos” della dinamica di fede.