Corriere di Como, 22 giugno 2021

Ci sono parole che irrompono sulla scena di un’epoca storica e finiscono col monopolizzarne pensieri ed azioni. Legittime preoccupazioni ideali che talvolta producono veri e propri misfatti culturali. Nel nostro tempo una di queste parole è sicuramente «razzismo».
Tutto va bene finché si resta nello spazio dell’ideale che guida una giusta disamina anche storica. Ma il bene dell’intelletto sfugge di mano quando l’ideale scivola inesorabilmente nel terreno dell’ideologico.
Combattere il razzismo sin nelle sue forme più sottili ed evolute è un’operazione possibile e doverosa. Trasformare il razzismo nell’unico filtro della realtà è invece una china pericolosa e da evitare. Purtroppo l’ideologizzazione è un processo socialmente diffuso, e lo è ancora di più da quando è stata entusiasticamente proclamata la fine delle ideologie. In realtà, sono stati solo svuotati i bacini che contenevano l’ideologia in una versione facilmente identificabile, ma quell’invaso continua ad essere riempito da rigagnoli che, a guardarli da lontano, assomigliano a cascatelle di libertà.
Mi ha profondamente rattristato conoscere le decisioni di due prestigiose università statunitensi. La Howard University di Washington ha deciso nel mese di aprile di eliminare la facoltà di Lettere antiche: era l’unico tra gli atenei storicamente neri degli Usa ad averne una. La motivazione addotta per tale scelta – definita «una catastrofe spirituale» in un editoriale apparso sul “Washington Post” – è legata ufficialmente a ragioni commerciali e di marketing. In poche parole: mancanza di fondi.
Ben più grave è la decisione assunta un mese più tardi dalla facoltà di Lettere antiche della Princeton University di eliminare l’obbligatorietà dello studio e della conoscenza delle lingue latina e greca. Questo significa che gli studenti potranno laurearsi in Lettere antiche anche senza aver mai studiato le lingue classiche: basterà leggere i testi in traduzione. Nel prendere questa decisione l’università americana ha sottolineato come le lingue antiche – greco e latino – siano invariabilmente legate alla supremazia bianca e al colonialismo. Sul sito della facoltà si fa notare anche che la sede del dipartimento di Lettere antiche è alloggiata in un edificio intitolato ad un famoso schiavista.
Esempio perfetto di una decisione ideologica che, per combattere il preteso «razzismo sistemico» delle Lettere antiche, intacca una indubbia evidenza culturale, che cioè cancellare il latino e il greco equivale a cancellare una parte della storia e della cultura americana. Parecchie parole inglesi derivano dal greco antico, che non è affatto da considerare una lingua morta, anzi continua ad essere espressiva e fonte di sempre nuove ed importanti traduzioni di testi antichi.
Ma ancora più miope è la motivazione addotta da Princeton: che senso ha cancellare lo studio delle lingue classiche solo perché gli antichi erano maschi bianchi il cui pensiero non è rappresentativo dell’esperienza delle persone di colore? Sarebbe come se, fra qualche secolo, ad una università europea venisse in mente di cancellare la conoscenza dell’inglese “antico” (di principio terzo millennio) solo perché fu la lingua parlata e scritta da un certo Donald Trump. Ridicolo, vero? Ecco perché le radici della nostra cultura sono in pericolo, se lasciamo che si annidi il verme dell’ideologia.
E’ stata da tempo proclamata la fine delle ideologie; eppure il voler cancellare le lettere antiche è una scelta ideologica che rischia di minare una parte fondamentale della cultura umana. Agostino da Ippona che conosceva le lettere antiche era africano…