SANTISSIMA TRINITÀ – Anno B

Oggi è già difficile parlare e agire nel nome di Dio, figurarsi vivere «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Facciamo fatica a capire il senso della Santissima Trinità, che ci ostiniamo a considerare come una complicazione della nostra già fragile fede.
Chissà a che cosa pensiamo quando facciamo il segno della croce o riceviamo la benedizione, ma forse la relazione tra Padre, Figlio e Spirito Santo è avvertita come un oggetto per filosofi e teologi che hanno tempo da perdere, per noi è solo un mistero incomprensibile. Invece è proprio l’essenziale e Gesù è venuto a mostrarci con la vita e con la morte che Dio è relazione – è amore, ci ha detto Giovanni – e che con questa benedetta relazione abbiamo a che fare anche noi, che a immagine di Dio siamo creati.
C’è dunque una impronta di questo mistero dentro di noi, e da essa dovremmo partire. Invece, come ci ostiniamo a pregare un Dio “uno solo” che sta nel suo cielo e che dovrebbe ascoltare le nostre richieste ed esaudirle visto che è onnipotente, nello stesso modo viviamo interiormente con un vago senso di potenza individuale misurando tutto con il metro del nostro io e considerando le relazioni come un problema invece che come la vera risorsa della vita. Siamo chiusi in noi stessi, proprio come chiudiamo Dio nel suo cielo, per averlo semmai come interlocutore privilegiato.
Il cosiddetto dogma della Santissima Trinità – che poi non è altro che quello che Gesù ci ha rivelato dell’identità di Dio – rompe questo schema, ma noi lo teniamo tra parentesi, e continuiamo a vivere come se Dio fosse “uno solo” ma non “in tre persone”, perché “Padre Figlio e Spirito Santo” è troppo complicato. Pensare e pregare Dio così è arduo e problematico, e soprattutto ci chiederebbe di cambiare anche il modo di pensare noi stessi.
E se fosse proprio questa la vera conversione che ci chiede il Vangelo di Gesù? Se dovessimo partire proprio dall’impronta che la Trinità ha lasciato dentro ciascuno di noi per provare poi a guardare Dio in modo diverso? Il mistero della Santissima Trinità non sarebbe più un rompicapo…
Scrive don Agostino: “…è proprio l’essenziale e Gesù è venuto a mostrarci con la vita e con la morte che Dio è relazione – è amore, ci ha detto Giovanni – e che con questa benedetta relazione abbiamo a che fare anche noi, che a immagine di Dio siamo creati.” La Santissima Trinità è una mirabile circolazione d’amore e il nostro dire: “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” è come un abbraccio che tutti ci unisce tra cielo e terra, è la risorsa della vita nella carne…
Uno dei pilastri della nostra fede. Magari ci si pensa poco; un peccato perché affacciarsi sul mistero aiuta ad accettare che anche noi ne facciamo parte. Distinzione nell’unità: una sostanza, tre persone e la distinzione sta nella relazione reciproca. Un Padre eterno, un figlio eterno, un amore eterno. Noi davvero non siamo piccola cosa se siamo chiamati ad entrare in questo mondo, a respirare con loro, riconoscendoli ” in azione” nella nostra vita e nella vita della Chiesa.