Corriere di Como, 27 aprile 2021
«Usanza medievale per cui, a una determinata ora della sera, gli abitanti di una città erano tenuti a coprire il fuoco con la cenere per evitare incendi». Così il vocabolario recita alla voce «coprifuoco». E subito aggiunge un secondo significato, per così dire derivato: «Divieto straordinario di uscire durante le ore serali e notturne imposto dall’autorità per motivi di ordine pubblico, in situazioni di emergenza».
Fino a qualche mese fa tutti noi, quando sentivamo la parola «coprifuoco», pensavamo alla guerra e in effetti il termine sembrava relegato a questo ambito. Senonché abbiamo dovuto diseppellirlo dalla cenere in tempo di pace come misura per sfavorire il contagio da coronavirus. E si direbbe che il coprifuoco stia suscitando un focolaio di polemiche di sapore filosofico e politico.
C’è chi sostiene che lo Stato non possa stabilire che cosa devo fare io nella gestione del mio tempo, per cui il coprifuoco come imposizione generale è una misura insostenibile entro una società fondata sulla libertà degli individui. Dall’altra parte si sostiene, però, che la società è fondata sul delicato equilibrio tra bene comune e libertà individuale, per cui chi ha ricevuto dai cittadini il compito di assicurare il benessere sociale è legittimato anche ad imporre un coprifuoco.
Certo, potrebbe anche affidarsi alla responsabilità dei singoli e limitarsi ad un semplice consiglio, magari ad una severa esortazione, ma evidentemente – e non a torto, devo riconoscerlo – preferisce imporre una norma generale, intimando un coprifuoco chiaro e distinto in cui c’è un’ora di inizio e un’ora di fine: dalle 22 alle 5. Naturalmente si prevedono esigenze di lavoro, salute e necessità, che possono esentare dal rispetto della norma e che devono essere autocertificate.
Credo che la decisione del coprifuoco – mantenuto negli stessi orari pur entro un piano di graduale riapertura delle attività – faccia parte del famoso «rischio ragionato». Arriva la bella stagione, le temperature serali aumentano, c’è una grande voglia di uscire, magari di andare a cena con gli amici. Sono pensieri malvagi, questi? Affatto, anzi sono desideri legittimi e comprensibili, a maggior ragione dopo mesi di fatica e di isolamento tra le mura domestiche. E proprio per questo l’autorità pubblica, che si trova a dover combattere contro un virus che non ha coprifuoco da rispettare, deve proteggere i cittadini dal loro stesso legittimo desiderio di libertà e limitare, con un orario dal sapore punitivo, l’anelito a godere di spazi di convivenza che possono ancora costituire pericolose occasioni di contagio.
La misura del coprifuoco può sembrare coercitiva, ma in realtà è una misura preventiva e quindi provvisoria e rivedibile, non appena il rischio sarà oggettivamente diminuito e potrà essere gestito con un altro ragionamento, più in linea con il desiderio dei cittadini. Si può dibattere sul coprifuoco? I nostri politici lo fanno e si sprecano tante parole – forse troppe – anche nei talk-show per perorare la causa di chi vorrebbe rimanere fuori casa fino alle 23 o a mezzanotte o fino a quando vuole.
Il proverbio dice che «la pazienza è la virtù dei forti». E quelli che riaprono lo sono, forti, se per il momento accettano di coprire il fuoco per proteggere la città dall’incendio che potrebbe ancora colpirla.
Complimenti! Condivido la saggia riflessione sul “rischio ragionato” comprensivo del “coprifuoco”
Coprifuoco racconta di città protette entro solide mura. Per me, ragazza ( ma anche da moglie), il coprifuoco scattava all’ora di cena. Poi si usciva raramente : per un concerto, per una riunione in casa di amici. Ma il ” non uscire” era ( è) un dono di libertà. Pare un controsenso, ma ritengo che la libertà di una persona si misuri proprio nella costrizione: trovare in se stessi i motivi del proprio vivere, individuare una personale via di bellezza e gioia, senza pensare che debbano essere cose o persone a rendere ricca la nostra vita. Se non sappiamo essere una buona compagnia per noi stessi, dubito che si possa essere in buona compagnia con altri. Libri, musica, conversazioni in famiglia, crostate da infornare…e riti della buonanotte accanto ai letti di figli bambini. La prospettiva di una lunga serata rende meno faticoso il giorno.