PRIMA DOMENICA DI AVVENTO – Anno C
Gesù ha appena evocato immagini di ansia, di paura, di morte e trova il coraggio di aggiungere parole incredibili: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Alzare il capo dice la consapevolezza della propria dignità. Dice la convinzione di avere un destino oltre la morte. Dice, soprattutto, che la fine di tutto, l’apparente fine di tutto, è segnata dalla presenza certa di Qualcuno, che viene «con grande potenza e gloria». E infatti, Gesù motiva questo gesto di alzare il capo con un “perché” ben preciso: «Alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina». Qualcuno potrebbe offendersi. Siamo già liberi, camminiamo già a testa alta, incuranti di tutto e di tutti. Non abbiamo bisogno di alcuna liberazione che non sia già inclusa nello stato intoccabile della nostra libertà individuale. La libertà ci interessa! La liberazione, invece, puzza di imposizione di una libertà decisa da fuori di noi, la liberazione sa troppo di libertà imposta. E poi, questa liberazione giungerebbe alla fine della storia, e chi ci assicura che dopo quella fine ci sia ancora qualcosa? Meglio vivere la libertà adesso e qui, meglio tenere il capo alto adesso e abbassarlo magari alla fine
Non sto facendo ragionamenti astratti. Sto pensando a voce alta, così come pensa il mondo, questo mondo che il capo ce l’ha sempre alzato, in un atteggiamento che manifesta talvolta superbia, ma soprattutto distrazione, perché invita a concentrarsi ciascuno sulla salvaguardia della propria libertà individuale, senza troppo curarsi di quella dell’altro.
Ecco perché la parola di Gesù in questa domenica ci raggiunge con particolare urgenza. Riconosciamolo: abbiamo bisogno di una liberazione che renda autentica la nostra libertà. È vero: essa sarà perfetta solo quando questa storia, in cui il male si mischia al bene, raggiungerà il suo culmine e troverà compimento nell’eternità di Dio. Ma ogni anno l’Avvento ci raggiunge per ricordarci questa profonda verità che rischia di annegare nel mare di individualismo in cui siamo immersi. «State attenti a voi stessi», dice Gesù. Ed è un avvertimento per l’oggi. La liberazione finale, a cui andiamo incontro a testa alta, possiamo cominciare a sperimentarla già ora se stiamo attenti a quanto Gesù ci dice: «State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita… Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Un cuore che dissipa è un cuore pesante: sciupa i valori che contano e si ritrova più misero, ubriacato di immoralità. Dobbiamo riprendere il filo delle cose antiche, dei valori che non hanno età. Dobbiamo vigilare pregando e, invece, la preghiera non abita più nelle nostre famiglie, appiccicate davanti a schermi televisivi sempre più grandi e sempre più vuoti!.
Naturalmente, l’incontro con Lui a cui Gesù si riferisce è quello che ci spalanca sull’eternità. Ma il tempo dell’Avvento ha questo di speciale, di racchiudere in quattro settimane il simbolo dell’intera storia e di anticipare nell’attesa di Gesù Bambino l’attesa del Cristo che torna «con grande potenza e gloria». Queste cose che Gesù ci dice sono un ottimo programma di Avvento, così che possiamo comparire a testa alta almeno davanti al Bambino Gesù nel Natale di quest’anno e gustare la gioia della sua liberazione.