Corriere di Como, 6 dicembre 2016
Il mondo della Formula Uno è rimasto di stucco. La notizia data in diretta dal neo campione mondiale Nico Rosberg di volersi ritirare dalle corse è sembrata clamorosa perché totalmente inusuale. Siamo abituati – e non solo nell’automobilismo – a campioni che rimangono incollati sino all’ultimo al loro desiderio di successo, irretiti dentro i ritmi forsennati dettati dall’agonismo e dalla fame di danaro.
Mi viene in mente un altro pilota tedesco della Formula Uno, quel Michael Schumacher, che di titoli mondiali ne ha conquistati sette, ritiratosi nel 2006 e tornato in pista nel 2010 per tre stagioni, senza più vittorie, rimediando un solo podio e anche qualche figuraccia. Smania di correre, bisogno sfrenato di adrenalina. Difficoltà di riempire diversamente la propria vita da ex? Nico Rosberg ha dimostrato che si può andare in un’altra direzione. Non ha rinnegato nulla di quel mondo che lo ha visto, dopo tanti anni, raggiungere il suo sogno di vincere il mondiale di Formula Uno. «È stata un’esperienza incredibile, qualcosa che ricorderò per sempre», ha detto. Ma egli ha fatto balenare l’esistenza di un altro mondo, che è anche più importante. Ha parlato di famiglia, di una moglie, di una figlia nata da poco. Parole sconosciute, realtà sacrificate per salire continuamente sul podio del successo.
Ecco, Rosberg proprio dal gradino più alto ha trovato il coraggio di evocare persone, non macchine. Ha imboccato la chicane della lentezza degli affetti, non il rettilineo della libidine della velocità. Ed ha lasciato anche intendere che la smania della vittoria lo aveva condotto ad una tensione umanamente insopportabile, anzi disumana, anche perché il mondo della Formula Uno è un circo in cui non sempre in pole position ci sono intelligenza e correttezza. Forse Nico Rosberg, con la signorilità che gli è ampiamente riconosciuta e con il sorriso stampato in volto, ha voluto dirci anche che non vuole più avere a che fare con quel “bambinone” di Lewis Hamilton, che, pur essendo suo compagno di scuderia, è stato per tre anni il suo cruccio… Insomma, il pilota tedesco ha dimostrato che nella gara della vita – l’unica che conta davvero, alla fine – è importante saper frenare e non solo accelerare.
Certo, Nico Rosberg fa parte di quel ristretto mondo dorato che può permettersi anche il lusso di una scelta così coraggiosa. Nel mondo tanti sono stanchi dei ritmi stressanti di un lavoro, ben più pesante e anche più umile e meno redditizio di quello di pilota, ma non possono decidere di smettere, pur con il nobile intento di dedicarsi alla famiglia. Questo, però, rende la decisione di Rosberg ancora più intelligente, ancora più coraggiosa. Ha vinto in Formula Uno, e ha vinto la Formula Uno. È salito sul podio più alto in assoluto, ma da lì lo ha come relativizzato, riducendo lo sport a quello che è, un mezzo e non uno scopo. Non è strana la sua scelta, sono strani quelli che non la capiscono.