GIOVEDÌ SANTO
Domenica abbiamo anticipato la prima sorpresa della nuova alleanza tra Dio e l’uomo: Gesù Cristo assomma in sé sia Dio sia l’uomo, diventando così alleanza nella sua stessa persona. Ho anticipato che ci sarebbero state altre due sorprese. Una la sveliamo stasera, celebrando il grande mistero dell’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio. Uno potrebbe pensare: grande regalo è Gesù Cristo, carne vivente della nuova alleanza… già, ma come posso raggiungerlo, visto che è vissuto duemila anni fa? Ecco entrare in scena il centro del mistero pasquale che questa sera solennemente iniziamo. La sorpresa che si genera nel Cenacolo, prima che Cristo affronti la passione e la morte di croce, è il dono perenne di sé nell’Eucaristia. Quella sera, a poche ore dal Calvario, Gesù in quella stanza, in cui si ritrovava con i suoi amici più intimi, anticipò il dono del suo corpo ucciso e del suo sangue versato nei segni del pane e del vino: «Prendete, questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti». Nel sangue di Gesù, l’alleanza tra Dio e l’uomo ha raggiunto un punto definitivo, un punto di non ritorno. È per sempre. «Fate questo in memoria di me»: vuol dire che ogni volta che il sacerdote, durante la Messa, pronuncia le parole dell’istituzione dell’Eucaristia, Cristo è vivo e presente. E ogni volta che mangio il pane consacrato – sì, perché l’Eucaristia è un pasto, non uno spettacolo da guardare! – Cristo è vivo e presente in me. E, mangiando insieme, Cristo è il corpo ecclesiale che insieme formiamo.
È un mistero talmente grande che le parole non riescono a esprimerlo. C’è uno – Gesù, il Figlio di Dio – che ci ha fatto il dono di se stesso, e questo dono continua, perché non è il dono di qualcosa – che invece, inevitabilmente, finisce, e dura al massimo alla stadio di ricordo – ma il dono della sua persona. Non ha messo mano al portafoglio, non ci ha elargito una elemosina… come magari talvolta facciamo noi per toglierci di torno qualcuno che ci disturba con la sua insistenza o per ingraziarci qualcun altro che può aiutarci a raggiungere i nostri scopi. Ci ha donato se stesso, e perciò il dono continua. Ed è per questo che all’Eucaristia è necessario il sacerdozio. Perché è il dono di una persona che dona se stessa, non qualcosa. Per donare qualcosa basta… un bollettino postale. Per rinnovare il dono che Gesù ha fatto di se stesso, serve necessariamente che ci sia una persona a ripetere i suoi gesti e le sue parole. Serve che ci sia un sacerdote. E qui sta l’altro grande mistero di cui stasera facciamo memoria.
Il nostro radunarci qui – come è ogni volta che celebriamo la Messa – non è il ritrovo di amici, che, davanti ad un buon bicchier di vino, ricordano i bei tempi passati e quel Gesù, così buono, da andare in croce per noi. Ci deve essere per forza un prete a presiedere l’Eucaristia e a ripetere le parole di Gesù, in una sorta di sostituzione della sua persona. Stasera, carissimi, siete invitati a comprendere il mistero profondo del prete. Quando egli dice: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo», fa certo riferimento a Cristo nella sua donazione totale di sé, ma per farlo deve offrire da mangiare se stesso, la sua vita, il suo ministero. Deve essere dono di se stesso, non elargizione di cose, non prestazione di servizi, pur religiosi che essi siano. Il prete, con la sua vita, garantisce continuità all’offerta di Cristo e rende perenne la nuova alleanza. La perpetua da un punto di vista umano, incontrabile… perché il prete è un uomo, non è un’idea, non è un libro.
C’è bisogno certo che le vostre mani si uniscano alle mie, che le vostre vite si uniscano alla mia, e che insieme ci aiutiamo ad essere fedeli al dono che Gesù ci fa di se stesso e al dono che Gesù ci chiede di noi stessi. Altrimenti noi celebriamo non la nostra salvezza, ma la nostra condanna (così si è espresso san Paolo). E il gesto della lavanda dei piedi è un segno eloquente, è un atto di carità. E Gesù dovette lavare i piedi di adulti (non di bambini), piedi che stavano per abbandonarlo, piedi che stavano per tradirlo, piedi che stavano per rinnegarlo. Li ha lavati ugualmente. Per darci l’esempio. L’esempio di un amore che più grande non si può.