Che cosa c’entra la morte con la felicità?

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Foliage in Val Gardena (Foto AC)

Felicità e morte. Come metterle insieme? La morte dopo la felicità, così fa pensare la sequenza cronologica delle due solennità dei Santi e dei Defunti.

Per qualcuno sarà stato anche così, ma l’esperienza ci dice che spesso, quasi sempre, la morte mette fine a una vita segnata da dolore e sofferenze, con qualche momento di felicità. Infatti, quello che ci ha insegnato una dottrina secolare è esattamente il contrario: prima c’è la morte, con tutto quello che vi ci ha portato, poi la felicità.

Il paradiso? Lo chiamiamo così ed è l’ultimo dei «novissimi» (le cose ultime): morte, giudizio, inferno, paradiso. Tra l’altro, noi li abbiamo accorciati: visto che il giudizio è guidato dalla misericordia e l’inferno c’è ma è vuoto, restano in vita solo due «novissimi»: morte e paradiso. Appunto: prima la morte e poi la felicità.

Potreste dirmi: «Tu stai giocando con le parole». Vero. Voglio invitarvi a prendere sul serio queste parole, e a farle tornare ad essere domande aperte e non risposte ingessate dentro la dottrina. La felicità – o meglio il desiderio di essere felici – e la morte sono compresenti in ogni atto della vita, in ogni pensiero, in ogni attimo. Chi non desidera essere felice? Nessuno è così sciocco. Ma poi, quante strade in cui al principio c’è il cartello segnaletico «Via per la felicità» portano altrove, o improvvisamente si fermano su un burrone, o vengono abbandonate perché sono troppo faticose e noi pensavamo fossero in discesa o almeno in pianura se andavano verso la felicità. In un modo del tutto particolare le Beatitudini sono vie per la felicità.

La pagina delle Beatitudini è il Vangelo nel giorno dei Santi ed è possibile ripeterlo nella Commemorazione dei Defunti.

«Beato te!». Ci capita di dirlo o anche solo di pensarlo quando ad un altro accade una situazione che per noi resta allo stato di semplice desiderio. È un’esclamazione di per sé ancora lontana dall’invidia, ma che può aprirle la strada. Posso mettermi a invidiare la felicità altrui. Così come, invece, posso decidere di mettermi con maggior decisione sulla strada che porterà anche me ad essere beato. Questo secondo sbocco è quello inteso da Gesù nel suo famoso discorso della montagna in cui si trovano appunto le Beatitudini. Gesù identifica alcune situazioni come beate o fonte di felicità e le propone ai suoi discepoli come progetto di vita. Non sono cioè un traguardo, qualcosa che sta in fondo, ma rappresentano un cammino.

Noi pensiamo la felicità come uno stato di vita raggiunto e difeso con i denti, come un soldato fa con un avamposto. La felicità del paradiso  sarà così? Non chiedetelo a me perché non lo so. Anch’io immagino soltanto. Sono invece certo che adesso la felicità è un cammino, uno di quei sentieri che un po’ sale e un po’ scende. Se è così non sbagliamo.

Sant’Agostino, che ha dialogato nel suo ritiro qui in Brianza prima di ricevere il Battesimo sulla vita beata (De beata vita, cioè «La felicità», 2,11), scrive: «Se qualcuno ha deciso di essere felice, si deve assicurare ciò che rimane per sempre». Solo il possesso di Dio dà la felicità. Le Beatitudini vanno in questa direzione. Sono otto, la prima e l’ultima hanno la stessa conclusione «perché di essi è il regno dei cieli» e riguardano i poveri di spirito e i perseguitati per la giustizia. Le altre sei hanno il verbo al futuro, e questo può farci interpretare così: il regno dei cieli è il paradiso e i vari «saranno, avranno, troveranno, vedranno» fanno pensare a un «dopo» non meglio definito, anch’esso identificabile con il regno dei cieli.

Ecco allora la domandona finale: ma questa felicità che tutti desideriamo raggiungere è qualcosa o Qualcuno che «rimane per sempre» e che, quindi, sta dopo questa vita, nell’altra vita, quella eterna in cielo? La morte è l’unica cosa sicura, ma non è la porta tra due vite. La vita è una sola.

Carissimi, vorrei gridarlo. Perché qui dobbiamo tutti cominciare a cambiare il nostro linguaggio. Il regno dei cieli è qui, è dentro l’unica vita che è iniziata per ciascuno di noi prima che vedessimo la luce e che non terminerà con la morte. Anche la morte farà parte del passato e sarà disciolta nell’eterno.

2 thoughts on “Che cosa c’entra la morte con la felicità?

  1. molto coinvolgente l’avere riunito in una sola omelia la solennità di tutti i Santi e la commemorazione di tutti i Fedeli Defunti. Tino

  2. Beati, cioè felici.

    Un inno antico che spesso mi è capitato di cantare dice: ” il Regno è qui” e chi ama e segue Gesù vi vive gioiosamente.

    io.ci credo con tutto il cuore.

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