TERZA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno C

La legge spietata dell’economia – che oggi sembra essere finita nelle mani della finanza – ordina senza mezze misure di tagliare i rami che non producono. Nella parabola di Gesù questa legge la ritroviamo sulla bocca del padrone, che chiede di tagliare il fico sterile.
Il vignaiolo cerca di convincerlo a dargli ancora un anno, ma in quell’anno egli si offre come solerte agricoltore «se no, lo taglierai». Che cosa c’entra questo racconto con la Quaresima, iniziata nel deserto delle tentazioni e sul monte della trasfigurazione? Credo che questo tempo nella parabola sia raffigurato dalle parole del vignaiolo: «lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime». Zappare attorno è l’azione di cura della pianta, tesa a smuovere il terreno, perché possa accogliere meglio l’acqua e mandarla in profondità. Il concime è la necessità di un aiuto supplementare, un nutrimento eccedente il normale, così che le radici della pianta possano lavorare meglio. È questo che dobbiamo fare in Quaresima: zappare il nostro cuore perché possa accogliere l’acqua della Parola, concimarlo con un supplemento di nutrimento.
Di nuovo siamo posti di fronte a due parole. Da una parte c’è la fretta di eliminare ciò che è improduttivo, ciò che non conta molto per il nostro mondo, ciò che non genera risultati nella nostra vita. La fede è una di queste cose inutili? Sembra di sì: non produce danaro e nemmeno divertimento. Perché mai devo tenerla viva a succhiarmi energie? Tanti cristiani si sono purtroppo avviati su questa via che considera la fede una zavorra. Invece, altri hanno preferito l’impegno, con la inevitabile fatica a nutrire la fede con la vita. Sì, proprio così: non è la fede il concime della vita, ma è la vita che deve diventare l’alimento della fede, che altrimenti rinsecchisce e muore. La Quaresima è il tempo ideale per tornare a sconfiggere la fretta omicida e riprendere l’impegno lento ma efficace a zappare attorno e a concimare. La nostra Chiesa – che talvolta sembra rappresentata dal fico sterile della parabola – merita da noi un supplemento di energia e brama la speranza che anima il vignaiolo.
Sono proprio le ” cose” apparentemente inutili ( Dio, arte, poesia) a rendere bella la vita e misteriosamente la vita attiva fede, arte e poesia.
Dio e bellezza vanno frequentati quotidianamente affinché sensi e pensieri possano familiarizzare, riconoscere, capire. E ci vuole pazienza, ascolto, riflessione.
Penso che anche questo sia il nostro pane quotidiano da cercare, da accogliere.
Sensi nuovi, spirito nuovo.
La Quaresima, sacra primavera, è il tempo di cure energiche e vitali. E’ il tempo per riprendere, come scrive Don Agostino: “l’impegno lento ma efficace a zappare attorno e a concimare”. La Quaresima si compie in una Croce, fiorita di speranze…Tino