VENTISEIESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

L’obiezione posta da Giovanni a Gesù è più seria di quanto possa apparire a prima vista. Intanto è correttamente declinata alla prima persona plurale: in gioco c’è già il «noi» di quella realtà complessa che è la Chiesa.
La domanda vera, dunque, va oltre la questione di esorcismo, e potrebbe risuonare così: come si appartiene alla Chiesa? Abbiamo visto uno che parla e agisce da cristiano, ma non viene a messa la domenica e non partecipa alla nostra comunità: come comportarci con lui?
Certo, l’Eucaristia è al centro della vita di un cristiano, è culmine e fonte, ed essere parte di una comunità è importante per non correre il rischio di vivere la fede come una battaglia individualistica. Ma ciò che conta unicamente è essere «nel nome» di Gesù. Appartenere alla Chiesa non significa avere tutti i certificati correttamente timbrati e nemmeno essere a posto con precetti e comandamenti vari. Sant’Agostino sedici secoli fa non aveva timore di dire una parola forte a coloro che affollavano la basilica: guardate che ce ne sono molti che sono qui ma che in realtà sono fuori dalla Chiesa, e molti che magari sono fuori da queste mura ma che sono dentro la Chiesa. Egli pensava la Chiesa più come una comunione misteriosa che come una comunità misurabile.
Per usare una famosa immagine evangelica – quella delle pecore e del buon pastore – la Chiesa non è il recinto ma semmai il pascolo. Il recinto serve solo a proteggere il gregge, ma la vita delle pecore è fuori dal recinto, nell’abbondanza del pascolo. Come si appartiene alla Chiesa, allora? Condividendo la logica di Gesù, essendo nel suo nome. Noi purtroppo riduciamo il nome di Gesù – e l’aggettivo «cristiano» – ad una etichetta da appiccicare sopra i nostri progetti: prima ci sono le nostre belle iniziative, frutto della nostra intraprendenza, e poi, a secondo dell’opportunità, le battezziamo con il nome di Gesù. No, il nome di Gesù – cioè la logica del Vangelo – viene prima di tutto, e solo ciò che è estraneo a questa logica è anche fuori dalla Chiesa. E questo rende la missione della Chiesa inesauribile e sempre sorprendente, davvero cattolica, aperta a tutti.
Scrive con chiarezza Don Agostino: “Come si appartiene alla Chiesa, allora? Condividendo la logica di Gesù, essendo nel suo nome.” Non basta stare dentro le mura di mattoni della chiesa di domenica per appartenere alla Chiesa, occorre camminare nell’abbondanza del pascolo nei giorni feriali: vicino ai malati, ai sofferenti, agli ultimi: nella logica del Vangelo. Tino
È consolante pensare a questa Chiesa non raccolta ( trattenuta) da quattro mura, soprattutto dopo aver constatato che in chiesa ci vengono ormai pochi fedeli.
il piccolo gregge, un po’ invecchiato e zoppicante nell’ovile ma tante pecore ( che non sanno magari di essere parte del gregge di Gesù) in giro, per strade non estranee, vive testimonianza di un vangelo riconosciuto come proprio modo di essere, dal profondo del cuore.
Anche la parrocchia è bello pensarla non abitata dalle solite facce, ma ampia, corrispondente ad un insieme di marciapiedi, negozi, fermate del bus, determinata da un territorio preciso: piccola porzione di città ( e di Chiesa) che è stato affidata alle nostre cure e al nostro amore.
Brava Anna, la tua visione è veramente cattolica, aperta a tutti.