La dinamica della comunicazione

(Foto AC)

È con le orecchie che impariamo a parlare, tanto che un sordo è quasi predestinato a diventare anche muto. L’udito è la porta della parola e Gesù lo sa: per guarire il sordomuto comincia dalle orecchie. Aperte quelle, si scioglie anche il nodo della lingua.

Guardiamo con simpatia il sordomuto finalmente guarito, che può parlare correttamente perché finalmente sente. Il sospiro di Gesù ci richiama il soffio vitale della creazione: si può dire che «ha fatto bene ogni cosa» perché per quell’uomo finalmente si è aperto il canale della vita. Può comunicare e questo lo fa entrare in comunione con gli altri e con il mondo. Fermiamoci a riflettere un poco su questa dinamica perduta, perché il racconto evangelico della guarigione del sordomuto è una parabola della comunicazione. Noi siamo immersi nel mondo della comunicazione, che negli ultimi decenni ha modificato il nostro modo di vivere. Eppure rischiamo di ammalarci di un sordomutismo di ritorno che mina proprio la nostra capacità di comunicare. Alcune volte si ha l’impressione che, invece di aprire, la comunicazione chiuda ciascuno in un suo mondo.

Abbiamo strumenti potentissimi che annullano le distanze e che si affidano quasi esclusivamente al potere delle immagini, eppure nelle nostre relazioni personali rischiamo di essere sordomuti, perché abbiamo smarrito la bellezza della parola che nasce dall’ascolto. Spesso proprio quei programmi televisivi che hanno la pretesa di aiutarci ad approfondire i fatti sono parole urlate, uno spettacolo di non-ascolto. Più che comunicazione, si genera confusione.

Con il telefonino che teniamo nel palmo della mano ci illudiamo di poter governare la comunicazione, invece siamo spesso le vittime inconsapevoli di un meccanismo perverso e non sappiamo più che cosa è vero e che cosa è falso. Il miracolo di Gesù non è affatto uno spettacolo: l’incontro avviene «in disparte, lontano dalla folla» ed è segnato dalla fisicità e dalla lentezza. Si direbbe che tra l’apertura delle orecchie e lo sciogliersi della lingua debba esserci uno spazio, un silenzio, una riflessione. Sì, per sedimentare l’ascolto e collegarlo alla parola.

2 thoughts on “La dinamica della comunicazione

  1. Sono un po’ ( tanto!) sorda. Percepisco alcune voci, altre no. Mi pare, a volte che la percezione dipenda dal rapporto che ho con persone e strumenti; non sento il trillo del telefono, ma ascolto musica, intendo le voci che mi piacciono. A volte mi chiedo: ma è davvero una perdita? Si è allargata la pozza di silenzio in cui vivo ( sono sola) e ci sto bene. Però i pensieri fluiscono a meraviglia. Giustamente la parola dovrebbe dipendere dall’ascolto e dalla riflessione. Ritengo che le parole siano sacre, dovrebbero essere sacre e portatrici di comunicazioni vere e buone. Noi siamo figli della Parola ( il prologo di Giovanni insegna)

  2. si deve ascoltare, lasciar sedimentare la parola sentita, poi comunicare con la parola. Parola vera e non chiacchericcio…Tino

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