Al di là del giudizio: l’incontro

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno C

Scribi e farisei hanno commesso uno sbaglio, quello di andarsene «uno per uno, cominciando dai più anziani». Sì, perché «sono rimasti solo due, la misera e la misericordia» (così commenta sant’Agostino), e, visto che miseri lo erano anche loro, se fossero rimasti avrebbero anch’essi incontrato la misericordia. L’incontro più importante della vita. Prima di immergerci nella Settimana Santa, siamo invitati a contemplare la bellezza di questo incontro, che va al di là del giudizio. Ne abbiamo sempre uno pronto di giudizio, ed esso si modifica a secondo dei tempi e del collegio giudicante. Non solo. Il nostro giudizio cambia e volteggia come una ballerina: non ogni omicidio è tale, ve n’è qualcuno più grave di un altro, e ve n’è qualcuno che, siccome è protetto da una legge civile ed è frutto di una decisione da parte di una persona adulta, non è nemmeno omicidio nonostante sia incontrovertibile che la vita di un essere umano sia stata eliminata.

Oggi, per esempio, quella donna «sorpresa in flagrante adulterio» non sarebbe stata condotta in alcun giudizio, perché il suo presunto peccato è tra i comportamenti sdoganati e scusati dalla nostra cultura. Scribi e farisei, oggi, portano gli adulteri e le adultere sulle piazze dei giornali e della televisione solo quando c’è l’interesse politico di screditare qualcuno. Comunque sia, resta sempre qualche delitto abominevole che si salva da questo strano ragionamento, e per questo delitto s’invoca una punizione esemplare, e guai a parlare di perdono, perché certi delitti non si possono perdonare!

E Gesù che fa, invece? Perdona. Cercavano di metterlo alla prova, di vedere se la Verità imboccasse la via della misericordia o quella della giustizia. Non dovevano lapidarla? Ma allora la giustizia è fuori gioco, e la legge di Mosè è una barzelletta. Dovevano ucciderla? Ma dov’è allora quell’umanità di Gesù tanto amata dalla gente comune e dai peccatori? Gesù si abbassa sino a terra e traccia dei segni sulla pietra. Che cosa scrive? Una condanna o una assoluzione? L’una e l’altra. Condanna il peccato e assolve il peccatore.

Attenti a non capire male, a non far dire a Gesù quello che non ha detto quel giorno. Già sant’Agostino immaginava la meraviglia dei suoi uditori nel constatare la mancata condanna da parte di Gesù, l’unico che avrebbe potuto rialzarsi e tirare la prima pietra contro quella donna peccatrice. «Neanch’io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va’ e d’ora in poi non peccare più. Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l’uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neanch’io io ti condanno; va’, vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell’inferno. Ma non disse così».

Infatti. Non disse così. Gesù volle andare oltre il giudizio. Volle incontrare quella donna, e per farlo si era abbassato sino a terra perché presumibilmente quella donna stava a terra, perché era stata trascinata in malo modo, ed era a terra anche moralmente, si vergognava, aveva il terrore di essere uccisa. Ma non si allontanò. Non se ne andò. Restò lì e ricevette da Gesù – l’unico che avrebbe potuto tirare la pietra della condanna – la pietra del perdono. Fu rimessa in grado di guardare avanti, gli fu data la possibilità di una vita diversa. Mentre scribi e farisei se ne erano andati ad uno ad uno, portandosi a casa il peso dei propri peccati, ella ne era stata liberata da Gesù, e ora poteva davvero rialzarsi.

Io credo che, mentre ci apprestiamo a celebrare la Pasqua, Gesù aspetta anche noi, ciascuno di noi, a questo incontro del perdono. Ci aspetta per terra, per rimetterci in piedi.

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