La vite, i tralci e… le forbici

(Foto AC)

Se l’immagine del pastore e delle pecore descrive bene la relazione che abbiamo con Gesù, quella della vite e dei tralci ne svela la struttura per così dire intima e profonda. Le pecore appartengono al pastore ed egli è disposto a dare la vita per loro, ma esse rimangono distinte dal pastore.

vite, invece, non si distingue dai tralci: sono un tutt’uno. I tralci senza la vite non possono fare nulla, ma si direbbe che anche la vite ha bisogno dei tralci per dare frutto. Anzi, i frutti sono proprio sui tralci, su quei tralci che rimangono uniti alla vite e ne succhiano la linfa. Sono quei tralci che hanno assaggiato il taglio dell’agricoltore, il taglio benefico della potatura che li ha ridotti all’essenziale, lasciandoli però uniti alla vite così che possano produrre i grappoli.

Il passaggio dell’agricoltore nella vigna è decisivo. Si direbbe che il suo sguardo, esperto di vita, sa vedere in anticipo quali sono i tralci che porteranno frutti e quali invece quelli che saranno improduttivi. Questi li taglia, quelli li pota. L’agricoltore è il Padre che pota per primo il Figlio: il legno della vite, infatti, è il legno della croce. A quel legno siamo uniti e nel mistero dello sguardo d’amore del Padre che passa tra i filari per la potatura è nascosto il senso di tante nostre domande: perché questo dolore? perché questa malattia? perché questo lutto? perché tanta fatica? Non lo sappiamo, non lo vediamo, ma vogliamo credere che è una potatura, un taglio per la vita.

Bisognerebbe poter passare nella vigna nel momento della vendemmia per apprezzare le forbici dell’agricoltore. Qualche volta ci è dato di vedere i frutti, solo qualche volta, e magari i grappoli non sono ancora maturi. Ma Gesù, la vite vera potata dal Padre agricoltore, ci assicura che se rimaniamo in lui portiamo frutto, anzi, che senza di lui non possiamo far nulla. Non solo apparteniamo al buon pastore come pecore dell’unico gregge, ma rimaniamo in lui come tralci della vera vite. Questa intimità con il Signore Gesù si chiama carità: è l’essenza del cristianesimo ed è il fondamento della sua fecondità sociale. Il contrario di una fede occasionale e superficiale, che guizza qualche volta, ma non rimane.

2 thoughts on “La vite, i tralci e… le forbici

  1. I tralci sono intimamente uniti alla vite, sono la vite; la potatura è un momento doloroso che permette un meglio. Tutta la vita è un susseguirsi di potature, di distacchi che educano, liberano, danno respiro. Togliere, eliminare è una operazione che permette di evidenziare l’ essenziale bellezza. Senza orpelli, senza forzature. Di diventare frutti capaci di assorbire il nutrimento vitale, la luce e il calore che danno sapore. La vecchiaia ( la morte) come suprema potatura che ci consegna a noi stessi e a Dio con la sola ricchezza dei giorni donati

  2. La vite, i tralci e… le forbici. A noi, che siamo tralci, a volte pare di non vedere alcun frutto; ci abbattiamo e perdiamo la speranza… Scrive per assicurarci Don Agostino: “Ma Gesù, la vite vera potata dal Padre agricoltore, ci assicura che se rimaniamo in lui portiamo frutto, anzi, che senza di lui non possiamo far nulla.” Non dobbiamo avere una fede occasionale o semplicemente una “fede della domenica”, ma essendo tralci dobbiamo coltivare ogni giorno questa intimità con la vite, ovvero con il Signore Gesù, l’intimità che è “l’essenza del cristianesimo”. Tino

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