La pazienza, arte di chi attende

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Verso lo Sciliar (Foto AC)

Giovanni e Gesù hanno la stessa età. Hanno avuto un incontro misterioso mentre erano nel grembo delle loro madri, poi una trentina d’anni più tardi, da adulti, le loro vite si sono incrociate al fiume Giordano, il Battista e il Figlio prediletto.

Il profeta del deserto ci viene dipinto come uomo essenziale, dal carattere forte, lingua tagliente, portamento addirittura stravagante. Eppure, finito in carcere, diventa dubbioso e non è più sicuro che Gesù sia «colui che deve venire»: ha sbagliato lui a tratteggiarne la figura o è proprio un altro che dobbiamo aspettare? Il compito di tutta una vita si scontra con un drammatico punto interrogativo.

Certamente il Messia tratteggiato dal Battista non assomiglia all’uomo Gesù uscito dall’oscurità di Nazaret e che ora cammina per le strade della Galilea. Gesù, in effetti, sconquassa l’attesa del Messia, la compie modificandola. Rispondendo ai discepoli del Battista, e poi parlando alla folla, Gesù intende rassicurarlo: è lui il Messia annunciato anche dal profeta Isaia, ma la via su cui cammina è un percorso tortuoso.

Provo a leggere questa pagina – che avrebbe bisogno di un commento più dettagliato – limitandomi a quello che può dire a noi che viviamo oltre il dubbio del Battista. La prendiamo come occasione per purificare le nostre attese. Anche noi abbiamo il nostro Dio e lo abbiamo incarnato nel nostro Gesù a cui tracciamo la nostra via: se egli sta in carreggiata tutto va bene, ma se imbocca un’altra strada, se esce dall’autostrada (che salta via i caselli) e fa altre strade strette e trafficate e va più piano rispetto alla tabella di marcia che avevamo stabilito noi, allora facciamo in fretta ad aspettarne un altro, più malleabile e docile ai nostri progetti, anzi facciamo più in fretta a costruirne noi un altro.

Può succedere che i nostri piani pastorali abbiano degli obiettivi, delle tabelle, delle scadenze, ma poi la realtà che accade è un’altra, le persone cambiano, alcune spariscono, altre appaiono. Neanche l’intelligenza artificiale riesce a prevedere tutto. Questo metodo è sbagliato. Ci vuole la costanza, la pazienza dell’agricoltore. La vera arte dell’Avvento.

2 thoughts on “La pazienza, arte di chi attende

  1. Quelli di Avvento sono giorni che educano: non dobbiamo ” costruirci” un Gesù a nostra immagine, dobbiamo accoglierlo così come viene, cercando – noi – di assomigliare a lui.
    La pazienza è davvero una virtù preziosa: attendiamo qualcuno, qualcosa che si fa piano piano, in modo inaspettato.
    Le sorprese della vita ci mantengono per sempre aperti; ci donano una giovinezza speciale, un vero dono. Noi ci accostiamo al ” Dio che fa lieta la nostra giovinezza” come pregavano, una volta, all’ inizio della Messa.

      • La pazienza, arte di chi attende. E’ vero: “Quelli di Avvento sono giorni che educano: non dobbiamo costruirci un Gesù a nostra immagine”. Ci vuole la costanza, la pazienza dell’agricoltore che attende che il seme faccia frutto dalla terra, alimentata dalla prima pioggia all’ultima. Cerchiamo, come l’agricoltore di “purificare” la nostra attesa…Tino

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