SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B. V. MARIA
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Ho voluto unire in un’unica riflessione la seconda domenica di Avvento e la solennità mariana che la segue immediatamente.
Intendo porre lo sguardo sull’immagine usata dal profeta Isaia: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici». Le radici, il tronco, il germoglio sono colti insieme in un cammino di vita, lento e tenace. La poesia di Isaia si scontra frontalmente con il linguaggio aspro e violento di Giovanni Battista: «Già la scure è posta alla radice degli alberi, perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Come ha scritto il poeta svizzero Philippe Jaccottet: «Vi sono piante così tenaci che solo il fuoco può vincerle».
Giovanni dovrà ricredersi su Gesù, e sarà il Battista a dover cambiare idea. Non vedremo alcun Messia con la scure, e il germoglio spunterà da una mangiatoia. Solo su una cosa Gesù sembra dare ragione al Battista: dirà che è venuto a portare il fuoco sulla terra, uno strano incendiario, però, che fa fiorire i tronchi e che esige anche buoni frutti. In una parabola Gesù si nasconderà in un contadino che domanda tempo per la sua pianta ad un padrone che vorrebbe tagliarla subito.
In questa gara tra l’Atteso e l’Annunciatore si infila una donna che un angelo viene a cercare sin dentro casa sua. È lei il tronco, a lei è affidato il compito di tenersi dentro per nove mesi il germoglio, e poi di darlo alla luce, e sarà gioia per tutto il popolo. Il Gesù di Maria cresciuto nella casa di Giuseppe non assomiglia né a quello poetico di Isaia né a quello rivoluzionario di Giovanni. E nemmeno assomiglia a quello di Maria, e per lei non ci sarà una scure, ma una spada nel cuore sì.
Le attese del resto sono così: quando si realizzano deludono, e i nostri lineamenti così precisi si sfilacciano come in un tessuto strappato. Gli attesi, quando arrivano, assomigliano a delle toppe che chiudono gli squarci prodotti dalle nostre attese inevase. Ma il compimento delle attese, proprio perché dono di Dio e traccia del suo disegno di salvezza, non delude, anzi va oltre il profilo desiderato. Ciò che conta è dire di sì, come Maria.
Scrive Don Agostino: “Le attese del resto sono così: quando si realizzano deludono, e i nostri lineamenti così precisi si sfilacciano come in un tessuto strappato.” La speranza è certezza del compimento delle attese, perché dono di Dio, ma è consapevolezza che ciascuno di noi può dare una mano a concretizzarle nel percorso della vita. Tino
Spesso noi diamo a ciò che attendiamo profili troppo precisi, così le delusioni sono inevitabili. Dovremmo invece attendere ” a braccia aperte” lasciando che la vita ( Dio) ci sorprenda.
Anche ciò che sembra in ribasso, deludente apre in realtà prospettive nuove: persino una malattia pu rivelarsi un dono, la possibilità di scoprire un “io” insospettato, coraggioso e vero.