QUINDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C
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Immaginiamo un bel armadio con le cose riposte ordinatamente sui ripiani. Il dottore della legge ne ha uno, pieno ma chiuso. È un uomo dalle idee chiare e distinte, ma immobili: gli manca la capacità di travasare il bene che sta nella sua testa dentro la sua vita.
Anzi, è convinto che se tutti sapessero le cose che egli sa – e che ha chiuso nell’armadio – il mondo sarebbe migliore. E mette alla prova Gesù per vedere se quelle cose le sa! Gesù è abilissimo di fronte alla sua prima domanda, e gli fa aprire l’armadio: «Guarda dentro la tua fede ordinata e sicura, fa passare gli oltre seicento precetti contenuti nella Legge. Sai bene che cosa devi fare!». E infatti il dottore risponde bene. Gesù glielo riconosce, ma lo rimanda al “fare” della vita che scorre fuori dal suo bel armadio.
Ed ecco arrivare la seconda domanda del dottore. Evidentemente ha già deciso che con l’amore di Dio egli è a posto, l’ha messo al sicuro sul ripiano più alto dell’armadio, ma l’amore del prossimo non si può chiudere nell’armadio. Il dottore è in difficoltà: «E chi è mio prossimo?». Gesù risponde con una parabola con la quale ribalta la domanda del dottore. È come se gli aprisse l’armadio e glielo mettesse in disordine, rendendone il contenuto meno ingessato e più vivibile.
Intanto non c’è il ripiano di Dio e quello dell’uomo. Questa netta separazione è l’errore del dottore della Legge e – dentro la parabola – del sacerdote e del levita. Hanno rinchiuso Dio nel tempio, nel tabernacolo, dentro uno schema preciso e l’amore è diventato una questione di conservazione della Legge e di purità rituale. La parabola dice che Dio sta sì nel tempio, ma riesci a vederlo e ad amarlo solo se lo sai scorgere lungo la strada, nel volto dell’uomo.
Il samaritano avrà sicuramente un armadietto meno perfetto, ma Dio e l’uomo stanno sullo stesso ripiano, e non è in alto, ordinato ma irraggiungibile, ma è a portata di mano, perché ci sono gli abiti di tutti i giorni. La domanda del dottore viene ribaltata: non «chi è il mio prossimo», ma «di chi io sono prossimo».
Non è la vicinanza a creare l’amore, ma è l’amore a creare vicinanza. Perché è Dio che si è fatto vicino…
Scrive Don Agostino: “Il samaritano avrà sicuramente un armadietto meno perfetto, ma Dio e l’uomo stanno sullo stesso ripiano, e non è in alto, ordinato ma irraggiungibile, ma è a portata di mano, perché ci sono gli abiti di tutti i giorni.” L’immagine è chiarissima. Dio si è incarnato anche per me! Non lo devo cercare in alto nell’armadio in cui ho ordinato i miei libri, ma nel comodino dismesso in cui, appena sveglio, ancora al buio cerco il fazzoletto…Conclude, infatti, l’omelia Don Agostino così: “Non è la vicinanza a creare l’amore, ma è l’amore a creare vicinanza. Perché è Dio che si è fatto vicino…” Tino
Efficace parlare di armadi: ne abbiamo in ogni casa, ordinati maniacalmente o caotici.
È vero , molti considerano Dio staccato dalla vita, esiliato nell’alto dei cieli, abbastanza lontano da non dare troppo fastidio. Oppure imprigionato in un tabernacolo. In chiesa. Chiuso a chiave.
A me Gesù nel tabernacolo fa un.po’ pena, ne.percepisco la solitudine. A volte.mi viene da pensare che non stia lì, ma piuttosto in giro a cercare di godersi la vita. Peccato che spesso non lo si veda. Così finisce con l,’ essere solo e inascoltato, invisibile fra gli invisibili, in ogni caso.
E noi, scemi, cerchiamo qualcuno che ci ascolti, che ci sopporti, che ci faccia compagnia e non ci accorgiamo di un amico che è sempre con noi, a portata di voce e di cuore.