SANTI PIETRO E PAOLO – 29 giugno 2025
Vedi il video con la meditazione di don Agostino cliccando qui

Pietro e Paolo sono uniti da un’unica festa perché accomunati dal martirio avvenuto a Roma nel 67 d.C.: Pietro fu crocifisso a testa in giù (secondo l’uso romano di crocifiggere gli schiavi) sul Colle Vaticano (ove poi sorse la basilica fatta costruire da Costantino); Paolo fu decapitato lungo la via Ostiense (e non molto lontano sorse la basilica di San Paolo fuori le mura).
Nella prima lettura Pietro compare imprigionato a Gerusalemme. Sono passati dieci anni dalla morte e risurrezione di Gesù. Tutto fa pensare che la sorte di Pietro sia segnata da questa persecuzione voluta da Erode. Invece passerà ancora un quarto di secolo prima del martirio a Roma, e Pietro a Gerusalemme viene miracolosamente liberato dalla prigione. Quando Paolo scrive a Timoteo la pagina che abbiamo ascoltato, si trova anch’egli in prigione a Roma: ne uscirà solo per essere decapitato. Paolo sembra avvertirlo se scrive: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede».
Pietro e Paolo erano diversi. Pietro era, insieme al fratello e al padre, titolare di una impresa di pesca sul mare di Galilea, a Cafarnao; ebreo e sposato. Paolo, nato in una famiglia di ebrei emigrata a Tarso, era un fariseo, grande conoscitore della Scrittura alla scuola del maestro Gamaliele. Pietro entra in scena quando Gesù chiama i suoi primi discepoli. Paolo compare quando muore il primo martire cristiano, Stefano, e si trova in quel momento dalla parte dei persecutori. Il rude pescatore e il fine teologo furono uniti dall’incontro con Gesù Cristo che cambiò loro la vita e finanche il nome: Simone divenne Pietro, Saulo divenne Paolo.
Pietro e Paolo, insieme, ci aiutano a scoprire la figura dell’apostolo. Entrambi avvertono la forza di Dio in mezzo alla persecuzione, anche se Pietro imprigionato a Gerusalemme viene liberato e Paolo incarcerato a Roma no. La fede è proprio quel particolare modo di leggere la realtà che sa scorgere sempre la mano di Dio che sorregge e libera. Preghiamo i santi Apostoli, gli occhi quel corpo di Cristo che è la Chiesa, affinché intercedano per ciascuno di noi.
Che bello affacciarsi al termine della vita e poter affermare ( anzi cantare) ciò che scrive Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. È l’ augurio che faccio a tutto coloro che amo. Poter affermare che la vita è stata buona, riconoscere con animo sereno che la corsa sta per finire, constatare che la fede è viva malgrado tutto. Viva in un corpo stanco e acciaccato.
Pietro e Paolo in “coppia” per insegnarci che l’ armonia delle differenze è possibile ed è augurarabile per la crescita personale e comunitaria.
Pietro e Paolo erano diversi; Pietro era il rude pescatore, Paolo il fine teologo. Sono stati uniti dall’incontro con Gesù Cristo che ha cambiato il loro nome (Simone in Pietro, Saulo in Paolo), ma soprattutto, attraverso la fede, la loro vita! Scrive Don Agostino: “La fede è proprio quel particolare modo di leggere la realtà che sa scorgere sempre la mano di Dio che sorregge e libera.” Molto incisiva è la rappresentazione scultorea del loro martirio, eseguita dal grande scultore vivente Paolo Borghi, nato a Malnate, che ha lavorato a Roma e in molte parti del mondo.