QUARTA DOMENICA DI AVVENTO – Anno B

L’incontro di due donne. L’incontro di due feti. L’incontro di due storie. Questo avviene nella casa di Zaccaria. Siamo soliti parlarne come della Visitazione. Va bene. A patto di intendere questo evento non come un semplice gesto di cortesia e di servizio di Maria verso la cugina Elisabetta.
In Maria che visita Elisabetta c’è il mistero di Dio che visita l’umanità. Il grembo gravido di Elisabetta rappresenta non solo i duemila anni dell’attesa di un popolo, quello di Abramo e di Mosè, ma porta con sé anche l’attesa del mondo intero, l’attesa di un compimento, di un senso, di un destino.
Giovanni è, per così dire, il trapassato remoto di tutta la storia, il punto in cui, dentro il grembo di una donna anziana, si condensano milioni di anni di desideri, di azioni e riflessioni segnate dall’attesa di qualcosa, dall’attesa di Qualcuno. E questo punto di sintesi che si sta formando nel grembo di Elisabetta e che corrisponde alla vita di Giovanni sussulta, esulta, prorompe in gioia, perché di fronte a lui, nel grembo di una giovane donna, sta un altro punto che finalmente rappresenta il compimento di quell’attesa, e che corrisponde alla vita di Gesù, pienezza carnale di Dio.
Gesù è, per così dire, l’infinito presente di tutta la storia. Nella casa di Zaccaria finisce per sempre il passato dell’umanità e inizia per sempre un presente infinito. Giovanni lo sente e lo segnala a sua madre, Elisabetta lo trasmette a Maria che ne trae una consapevolezza nuova. L’attesa scivola dentro il compimento non come una favola di cui è svelato il finale, ma come una storia di cui è rivelato il principio. Ci resta da dire come possiamo partecipare noi oggi a questo abbraccio tra Elisabetta e Maria, tra l’attesa e il compimento. È molto semplice. Il compimento non dipende da noi, e il Natale di Gesù anche quest’anno arriva come un dono che ci viene fatto anche se non l’abbiamo meritato. L’attesa invece dipende da noi, che le dobbiamo dare un posto nella nostra vita con il suo spessore umano. Non temiamo di mettere dentro l’attesa le nostre domande, le paure e i desideri. E accogliamo questo Dio follemente innamorato della nostra umanità
L’abbraccio di attesa e compimento. Dopo l’acuta riflessione sull’abbraccio Don Agostino scrive: “Ci resta da dire come possiamo partecipare noi oggi a questo abbraccio tra Elisabetta e Maria, tra l’attesa e il compimento. È molto semplice. Il compimento non dipende da noi, e il Natale di Gesù anche quest’anno arriva come un dono…”. In questi giorni facciamo in fretta un’infinità di cose inutili, dimenticando che l’attesa dipende da noi e che ha un posto essenziale nella nostra vita! Facciamo in fretta l’unica cosa che conta davvero: annunciare il compimento, il Natale, il farsi carne di Dio…Tino