PRIMA DOMENICA DI AVVENTO – Anno C

Questo vangelo inizia in un modo e poi prende una piega inaspettata. Inizia con l’annuncio di sconvolgimenti che fanno morire di paura. Aldilà del linguaggio e delle immagini, c’è una condizione che conosciamo molto bene. Si chiama incertezza, insicurezza, fragilità, inquietudine per il futuro, angoscia.
Si direbbe che più è aumentata la nostra conoscenza del mondo, e più è cresciuto anche lo spazio occupato dall’imponderabile, da ciò che nonostante il progresso non riusciamo a controllare e a prevedere. Tutti gli anni, quando si apre l’Avvento, queste immagini apocalittiche ritornano ed esse non sono affatto a servizio della paura, perché un Dio che atterrisce non è un Dio da attendere. Ricordiamocelo, ogniqualvolta siamo tentati di usare la paura per illuderci di aver convertito qualcuno. Dio viene a liberarci dalla paura e a donarci la chiave che, se lo vogliamo, ci apre la porta della libertà.
Ogni anno, quando inizia l’Avvento, ci viene ricordato che questa è la vera direttrice che guida la storia, la grande storia e la piccola storia della mia vita. Dunque – ed ecco la piega inaspettata che prende il vangelo odierno – «risollevatevi e alzate il capo». Niente fughe angosciate di fronte all’imprevedibile, dunque, ma la fiducia in Colui che alleggerisce i nostri cuori.
Certo – come diceva Madeleine Delbrel – bisogna sperare in Qualcuno e non desiderare qualcosa. E aggiungeva: «Sperare è attendere con illimitata fiducia qualcosa che non si conosce, ma da parte di Colui del quale si conosce l’amore». Forse è per questo che la speranza – su cui è centrato l’ormai prossimo Giubileo – è una virtù di cui non capiamo il senso. Siamo abituati ad accumulare cose, moltiplicare conoscenze, inanellare novità, raggiungere risultati, superare barriere e limiti: tutto ciò che ferma questa inarrestabile raccolta è considerato una sciagura per la nostra libertà. Ma la vera speranza non ha bisogno di oggetti, ma di un soggetto, di Qualcuno e di Qualcuno ci cui conosciamo l’amore. L’attesa deve essere abitata da una Presenza, non può essere uno spazio vuoto da riempire. Ce lo diciamo anche quest’anno, perché sia davvero Natale.
Sperare in Qualcuno. Avvento: tempo che si è dilatato col crescere dell’età ed è certezza di promesse realizzate. Il bello dell’essere anziani è sapere che non dobbiamo accumulare oggetti, ma che ci possiamo fidare e possiamo sperare…Scrive Don Agostino: “la vera speranza non ha bisogno di oggetti, ma di un soggetto, di Qualcuno e di Qualcuno ci cui conosciamo l’amore.” Tino