Il seme ha dentro una forza grande

Mosaico della Basilica Eufrasiana di Parenzo (Foto AC)

Gesù parlava spesso del regno di Dio e lo faceva usando il linguaggio delle parabole, pieno non di cose o definizioni ma di storie e di immagini che potessero aiutare a comprendere che cosa intendesse Gesù con «regno di Dio».

Uno pensa subito ad un palazzo regale, e allora Gesù, per scoraggiare questo accostamento, ecco, paragona il regno ad un seme. Non qualcosa di compiuto, ma un piccolo inizio. Anzi, Gesù paragona il regno alla vicenda di un seme, alla sua storia e al suo sviluppo: è «come un uomo che getta il seme sul terreno». E poi – ci aspetteremmo che la parabola continui così – quest’uomo si dà da fare instancabilmente per far crescere il seme. No. Anche se l’uomo dorme, «il seme germoglia e cresce. Come egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente…».

Si direbbe che tutto è già contenuto nel seme. Del resto il regno non è dell’uomo ma di Dio. L’uomo è chiamato a fidarsi del seme, ma spetta a lui il compito decisivo di gettarlo sul terreno, altrimenti il regno di Dio non può incarnarsi nella storia. Forse Gesù, quando parlava del regno e lo paragonava ad un seme, parlava di se stesso: è lui il seme che contiene già tutto e che è stato gettato in terra, che marcisce e muore e solo così porta frutto (Gv 12,24). E il regno di Dio continua ad essere così: il piccolo seme di Gesù continuamente gettato dai suoi discepoli nel mondo e che germoglia e cresce.

Forse noi cristiani non abbiamo compreso questa parabola e, invece di fidarci della forza contenuta nel seme di Dio, abbiamo preferito piantare i nostri alberi, già pronti a garantire da subito l’ombra. Il regno di Dio deve partire dal seme: la missione cristiana non è una festa degli alberi, ma è l’attesa che viene dopo la seminagione.

E non solo il regno di Dio è un seme, ma – dice Gesù nell’altra parabola, quella del granello di senape – è addirittura «il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno» anche se, una volta cresciuto, «diventa più grande di tutte le piante dell’orto». Il regno di Dio è il piccolo che ha dentro una forza grande. Come germoglia, l’uomo che pure lo ha seminato non lo sa.

2 thoughts on “Il seme ha dentro una forza grande

  1. è proprio minuscolo il seme di senape. Ma l’immagine è, per noi, incoraggiante. È consolante e grandioso sapere che intorno a noi crescono grazia e bellezza indipendentemente da quello che facciamo. Se poi partecipiamo al germogliare del piccolo seme allora fin da subito pregustiamo, godiamo della crescita del regno. Avvertiamo la gestazione, noi grembo del mistero. Come una madre in attesa. Percepiamo con stupore e gratitudine ciò che ancora non è compiuto. La fiducia che sostiene i nostri giorni ci rende testimoni di speranza.

  2. Scrive Don Agostino: “Gesù parlava spesso del regno di Dio e lo faceva usando il linguaggio delle parabole, pieno non di cose o definizioni ma di storie e di immagini che potessero aiutare a comprendere che cosa intendesse Gesù con «regno di Dio». Anche don Agostino nel suo prezioso blog usa, per i lettori, immagini semplici e chiare che aiutano a comprendere la nostra missione di cristiani. Così ci spiega: “il regno di Dio continua ad essere così: il piccolo seme di Gesù continuamente gettato dai suoi discepoli nel mondo e che germoglia e cresce.” Ecco quindi la nostra missione: l’attesa che viene dopo aver seminato il seme, che ha dentro una forza grande. Come germogli, dopo averlo seminato, non lo sappiamo…è il mistero del granello di senape, il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno. Clementino

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