TERZA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B

«Ma egli parlava del tempio del suo corpo». I discepoli di Gesù lo capiranno solo dopo la risurrezione. E noi che cosa abbiamo capito oggi?
Solitamente citiamo questo brano per poter giustificare i nostri impeti d’ira, ricordando che anche Gesù si è arrabbiato! Giovanni ci racconta questo episodio all’inizio del suo vangelo (subito dopo il miracolo di Cana): questo significa che è un gesto programmatico quello di Gesù, che dice qualcosa di importante, e non è invece la riprova che anche un santo perde la pazienza. Gesù parte dal tempio come luogo della presenza di Dio, luogo idoneo a manifestare l’amore per Lui. Ecco perché scaccia coloro che lo hanno trasformato in un mercato, sostituendo all’amore un culto fatto di esteriorità. Ciò che Gesù non accetta è l’idea dello scambio, che uno pensi di comprare Dio, di dargli qualcosa in cambio di qualcosa.
Ma poi sembra di capire che il tempio è solo un simbolo, un luogo esteriore in confronto a quel “luogo” di incontro tra Dio e l’uomo che è Gesù stesso, Dio fatto uomo. Gesù si identifica con il tempio, anzi ne è il superamento definitivo. L’uomo – in cui Gesù continua a rendersi presente – è il vero luogo di incontro con Dio. Si rende culto a Dio attraverso l’uomo e non facendo a meno dell’uomo, attraverso il corpo e non facendo a meno del corpo. Il vero messaggio di Gesù e del cristianesimo è che non esiste contrapposizione o alternativa tra Dio e l’uomo, perché sono perfettamente comunicanti in Gesù, nella sua persona e nel suo corpo.
Ecco che, allora, per noi si apre una ulteriore comprensione del corpo di Gesù, a cui egli stesso si riferiva quel giorno al tempio di Gerusalemme. È il corpo di Cristo che è la Chiesa, e non l’edificio che accoglie la comunità dei credenti, ma proprio questa comunione corporale di uomini e donne, giovani anziani e bambini. Ecco che si comprende allora perché compiere un sacrificio – è quello che si faceva nel tempio – non è un gesto esteriore – come potrebbe essere oggi l’accendere una candela nelle nostre chiese – ma è mettere a disposizione il proprio corpo, perdere il proprio tempo per l’altro, in cui c’è Gesù, il vero tempio.
I SACRIFICI DEL TEMPIO. Scrive Don Agostino: “Gesù si identifica con il tempio, anzi ne è il superamento definitivo.” Noi comprendiamo così perché compiere un sacrificio non sia un gesto esteriore, ma sia il mettere a disposizione se stessi, donare il proprio tempo per gli altri, per la Chiesa corpo di Cristo, non tempio fatto di muri…