Un’attesa con cui riempire la vita

Foto AC

La Chiesa ha il coraggio di porre dentro lo scorrere inesorabile del tempo un nuovo inizio. Gliene siamo grati, perché avvertiamo il bisogno di ricominciare. Ma dobbiamo capire il senso di questo inizio, che cristianamente chiamiamo «avvento».

L’inizio segna un’attesa, ed è l’attesa del ritorno di Cristo. Nel tempo scandito dalla liturgia, l’Avvento dura ogni anno quattro settimane circa, ma è il simbolo di tutta la vita, di tutta la storia: noi cristiani che viviamo nel tempo siamo esseri in attesa dell’uomo che è partito (per usare l’immagine della parabola), non siamo viandanti che si muovono a casaccio ma pellegrini diretti verso una meta. Ogni anno l’Avvento ce lo ricorda e la cosa dovrebbe rincuorarci. È come se qualcuno girasse la tela su cui Dio sta ricamando la nostra vita. Sì, perché noi ci ostiniamo a guardarla al rovescio e ci mette paura scorgere quel groviglio di fili che sembrano tracciare una mappa sconnessa. Una volta girata la tela, però, per un attimo ci appare un disegno che ancora non comprendiamo nella sua pienezza, ma che rivela già le forme e i colori della vita, della nostra vita.

Il Cristo che attendiamo è il Figlio divino di Colui che tiene saldamente nelle sue mani questo disegno. È il Signore della storia, che, asceso al cielo, continua però ad operare accanto a noi, ad essere presente nel pane eucaristico che ci nutre nel cammino e a farsi incontrare nell’uomo, soprattutto nel più piccolo, povero e bisognoso. L’Avvento che oggi iniziamo unisce due attese: quella del Cristo che verrà nella gloria – di cui non conosciamo né il giorno né l’ora – e quella del Natale in cui facciamo memoria dell’incarnazione storica di Gesù.

Siamo come i servi della parabola a cui l’uomo che è partito ha lasciato la propria casa e a ciascuno il suo compito. L’attesa è un compito e ogni compito è impregnato di attesa. L’unica cosa da non fare è addormentarsi sulla poltrona, trasformando la vita in una parentesi, in un dietro le quinte mentre la scena è vuota. Il «vegliate» che Gesù dice a tutti non è un invito ad un vano lasciar passare il tempo in una sterile attesa. No, vigilare è calcare la scena, è vivere la vita in una attesa operosa.

2 thoughts on “Un’attesa con cui riempire la vita

  1. Un’attesa con cui riempire la vita! L’attesa è attiva e feconda; si attende qualcuno di importante: è il Signore della storia, che, asceso al cielo, continua però a stare presso di noi… Scrive Don Agostino: “ad essere presente nel pane eucaristico che ci nutre nel cammino e a farsi incontrare nell’uomo, soprattutto nel più piccolo, povero e bisognoso.”

  2. Sì , un’ attesa colma di gesti che – quasi impercettibilmente – cambiano la vita, il nostro modo di pensare e di essere. Piccoli passi nel volgere dei giorni. Ma l’ oggi diviene lieto anticipo del domani, pregustare ciò che amorevolmente si attende. Riflettere sul dono ricevuto ( la nascita storica di Gesù), sul dono che si rinnova quotidianamente ( ” questo” avvento) ci dona la certezza di quanto stiamo attendendo: davvero tutto si compirà come è stato promesso. Promessa da Dio, non da marinaio.¹

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