Quando l’obbedienza è ancora una virtù…

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La parabola dei due figli ci invita a riflettere sul valore dell’obbedienza. Una parola che fa presagire una negazione della libertà e che quindi è guardata con sospetto. La parabola ci dice, intanto, che l’obbedienza non è istintività, non si lascia trovare nelle parole ma nei fatti.

Il primo figlio – quello del «non ne ho voglia» – è forse uno che dice quello che pensa ma che poi non fa quello che dice. La parabola si limita a notare che «si pentì». Sarebbe bello sapere il perché di questo pentimento, ma a noi basta sapere che questo figlio per obbedire ha avuto bisogno di una riflessione. Si direbbe che l’obbedienza è il frutto di un esercizio di intelligenza. Proprio quello che è nascosto nell’etimologia della parola «obbedienza» – ob-audire – che richiama il verbo «ascoltare»: obbedire è un ascoltare stando dinanzi, stando in piedi. Ascoltare l’altro e ascoltare la voce della propria coscienza. Ascoltare mantenendo la propria dignità, la propria libertà. Forse per questo tanti organismi sociali si sfaldano e perdono vigore, perché non amano avere al proprio interno persone obbedienti veramente, cioè veramente libere, persone che pensano in piedi. L’obbedienza che pretende di ridurre gli uomini a zerbini che non pensano, che sono supinamente allineati al pensiero unico del capo, «non è più una virtù» (come sosteneva don Lorenzo Milani più di mezzo secolo fa). Il secondo figlio è uno di questi falsi obbedienti, che a parole sono un solenne «Sì, signore» ma che poi nella vigna non ci mettono piede. Il falso obbediente è uno che ha fatto una sola riflessione nella sua vita, previa a tutto. Ha fatto un calcolo con il quale ha stabilito chi comanda, e a questo calcolo resta fedele. Almeno a parole. Almeno fino a quando non cambia il comandante. Questa parabola ha da dire molto sul nostro modo di essere in famiglia, di essere figli e di essere padri e madri. Ma ci parla anche del nostro modo di essere nella Chiesa, ciascuno con il suo ruolo, veramente capaci di esercitare una virtù quale l’obbedienza, come esercizio di autentica libertà e disponibilità all’ascolto fraterno e paterno.

One thought on “Quando l’obbedienza è ancora una virtù…

  1. Nella Chiesa, ascoltando stando dinanzi, si deve condividere e poi collaborare nel recinto e soprattutto nel pascolo

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