Una catechesi sull’Avvento di quest’anno (con l’aiuto di san Bernardo)…

«Conosciamo una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca infatti tra le altre due che sono manifestate. Nella prima il Verbo fu visto sulla terra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultima venuta «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3, 7) e vedranno colui che trafissero (cfr. Gv 19, 37). Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi, e le loro anime ne sono salvate. Nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima verrà nella maestà della gloria. Quindi questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione. Ma perché ad alcuno non sembrino per caso cose inventate quelle che stiamo dicendo di questa venuta intermedia, ascoltate lui: Se uno mi ama, dice conserverà la mia parola: e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui (cfr. Gv 14,23). Ma che cosa significa: Se uno mi ama, conserverà la mia parola? Ho letto infatti altrove: Chi teme Dio, opererà il bene (Sir 15, 1), ma di chi ama è detto qualcosa di più: che conserverà la parola di Dio. Dove si deve conservare? Senza dubbio nel cuore, come dice il Profeta: «Conservo nel cuore le tue parole per non offenderti con il peccato» (Sal 118, 11). Poiché sono beati coloro che custodiscono la parola di Dio, tu custodiscila in modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei tuoi affetti e nei tuoi costumi. Nutriti di questo bene e ne trarrà delizia e forza la tua anima. Non dimenticare di cibarti del tuo pane, perché il tuo cuore non diventi arido e la tua anima sia ben nutrita del cibo sostanzioso. Se conserverai così la parola di Dio, non c’è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia farà in modo che «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (1 Cor 15, 49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l’uomo occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che tutto l’ha creato, tutto l’ha redento e tutto lo glorificherà» (Discorso 5 sull’Avvento, 1-3).

Qual è la venuta intermedia di cui parla Bernardo? Penso che possiamo sicuramente pensare all’Avvento di quest’anno, come tempo liturgico che ci permette di fare l’esperienza della venuta intermedia del Cristo.

E dico: l’Avvento di quest’anno. Perché lo scopo di Bernardo è proprio quello di sfuggire alle due venute che sono sì manifeste, ma avvertite come lontane, per costringere a riflettere sull’unica venuta – quella intermedia – che è sì occulta, ma attuale.

La liturgia dell’Avvento ha proprio lo scopo di farci entrare in questa dimensione:

  • attraverso di essa riviviamo insieme al popolo eletto l’attesa del Messia;
  • e contemporaneamente viviamo dentro il nuovo popolo di Dio che è la Chiesa l’attesa del ritorno del Cristo.

Basta far riferimento alla ricchezza dei prefazi del tempo di Avvento; davvero una sintesi mirabile delle tre attese di cui parla il brano di Bernardo.

Dice il primo prefazio (I):

  • «Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza». Scrive Bernardo: «Nella prima venuta egli venne nella debolezza della carne».
  • «Verrà di nuovo nello splendore della gloria…». Scrive Bernardo: «nell’ultima venuta verrà nella maestà della gloria».

Leggiamo nel secondo prefazio (IA), dopo che lo stesso ha ripreso l’avvento storico e quello glorioso del Cristo: «Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno». L’«ora» e i tempi al presente sono un richiamo evidente a quella che Bernardo chiama «venuta intermedia» e che noi abbiamo voluto attualizzare nell’Avvento di quest’anno.

Come vedete, insisto. Di quest’anno. Non l’Avvento dell’anno scorso, non quello dell’anno prossimo. Quello di quest’anno.

E qui apriamo una breve parentesi, per mostrare come Gesù stesso abbia richiamato questa dimensione nel suo discorso escatologico. Dice Gesù: «Non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga» (Mc 13,30); e aggiunge: «Quanto però a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa» (Mc 13,32). In un certo senso Gesù dà un’indicazione temporale: si riferisce sì agli «ultimi giorni», ma riportandoli al tempo dei suoi ascoltatori, a «questa generazione». Come a dire: guarda che per te la fine è ora, è adesso. È oggi che decidi la fine: non aspettare domani, perché non ti è affatto assicurato il domani!

Gesù lo dice con parole che richiamano un’immagine più volte usata nella Scrittura: «Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte» (Mc 13,29).

L’immagine è quella poetica del Cantico dei Cantici: l’amata è in casa, arriva l’amato e bussa alla porta, ma l’amata – forse per pigrizia – non s’alza ad aprire, e l’amato passa oltre, e l’amata è costretta ad uscire nella notte a cercarlo per strada (cf Ct 2,10-3,2).

L’immagine torna nel libro dell’Apocalisse. La lettera scritta alla chiesa di Laodicea – una delle sette chiese dell’Asia Minore cui il libro è indirizzato – è una violenta accusa ad una comunità cristiana che si è mondanizzata, è diventata tiepida, né calda né fredda, omologata al vivere comune nel clima gaudente della città, per cui Cristo la vomita, ma non l’abbandona di certo. Anzi, assicura proprio così: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

Ora, Gesù ci assicura che è alla nostra porta. Quando? Negli ultimi giorni? E quando sono? Oggi, in questa generazione. La verità più profonda e più drammaticamente attuale di questa pagina evangelica è questa: alle porte di ogni giorno della nostra vita c’è il Signore Gesù che bussa. L’ultimo giorno è ogni giorno. Ciò che conta è alzarsi ed aprire la porta al Signore.

L’Avvento veicola proprio questo messaggio di urgenza: è un’occasione annuale per rivivere – attraverso la modalità tipica della liturgia – l’intera storia della salvezza in chiave di attesa e di incontro. È bello che Bernardo identifichi questa venuta intermedia come quella in cui Cristo viene «nella potenza dello Spirito». È il segno del tempo della Chiesa, dell’oggi. E aggiunge: «Questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione». L’attesa del Cristo non è fonte di paura – come vorrebbero certe interpretazioni scorrette del linguaggio apocalittico usato da Gesù nel discorso escatologico – ma addirittura motivo di riposo e consolazione. Due parole che meriterebbero un’attenta riflessione in chiave biblica, riflessione che qui non possiamo fare.

A me preme spendere ancora alcune parole per completare l’interpretazione della venuta intermedia di Bernardo. Ne abbiamo offerto una lettura ecclesiale e liturgica nel tempo di Avvento, e abbiamo voluto coglierne anche l’urgenza, dicendo che è l’Avvento di quest’anno nella sua irripetibile concretezza.

Naturalmente non possiamo dimenticare che Bernardo parla da mistico: la dimensione personale della fede è irrinunciabile. La liturgia è un canale prezioso, colmo d’acqua, è una corrente che conduce al porto, ma tocca a ciascuno di noi calarvi la sua barca e remare. Non dimentichiamo mai questa dimensione di responsabilità personale che non può essere sostituita da nulla e da nessuno.

Ecco, Bernardo ha di mira certamente questo piano personale che rende l’Avvento della Chiesa di quest’anno il mio Avvento di quest’anno. Sentite che cosa ci dice: «Poiché sono beati coloro che custodiscono la parola di Dio, tu custodiscila in modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei suoi affetti e nei tuoi costumi. Nutriti di questo bene e ne trarrà delizia e forza la tua anima. Non dimenticare di cibarti del tuo pane, perché il tuo cuore non diventi arido e la tua anima sia ben nutrita del cibo sostanzioso». È il mistico che parla. Ma potremmo vedervi anche il pastore preoccupato che le sue pecorelle abbiano – insieme e ciascuna – il nutrimento necessario.

Può sembrare banale e scontato questo messaggio di Bernardo. Eppure sono convinto che oggi abbiamo bisogno di sentirci ripetere proprio quei messaggi, che, a furia di considerare scontati, abbiamo dimenticato di attuare.

Qual è dunque l’idea da ricordare? Mentre facciamo memoria del primo avvento di Cristo nella pienezza dei tempi e viviamo nell’attesa dell’ultima e definitiva di Cristo alla fine dei tempi, sperimentiamo la ricchezza di questa venuta intermedia, che è la vera consolazione dell’oggi. Potremmo ripetere questa idea con le parole di un discepolo di Bernardo, Guerrico d’Igny, il quale riprende l’idea della venuta intermedia in una sua omelia per l’Avvento: «Può avvenire che il Signore viene a voi prima del suo avvento, e, prima che venga per il mondo tutto, visiti voi in modo intimo. Non vi lascerò orfani, dice, vado via e ritornerò da voi (Gv 14,18). Quest’intimo avvento del Signore, intermediario tra il primo e l’ultimo, in verità, è frequente per ciascuno a seconda del merito o del desiderio, ci conforma al primo avvento e ci prepara all’ultimo… Certamente bisogna desiderare con tutte le forze e cercare con tutti gli sforzi quest’intimo avvento che ci comunica la grazia del primo e ci promette la gloria dell’ultimo» (Sermone 2 per l’Avvento, 3).

Vi auguro di avere questa forza per nutrire questo santo desiderio.

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