TERZA DOMENICA DI AVVENTO – Anno B

«Che cosa dobbiamo fare?». Spesso nella vita, più che la risposta giusta, bisogna trovare la domanda giusta. Quelli che vanno da Giovanni nel deserto appartengono a categorie molto diverse tra di loro: la folla, i pubblicani, i soldati.
Eppure ciò che rende simili queste persone è la domanda che hanno dentro e che osano tirare fuori. E non è: che cosa dobbiamo pensare? Che cosa dobbiamo credere? O magari: dove abbiamo sbagliato? La domanda unica è: che cosa dobbiamo fare? Il fare dice un’urgenza e insieme manifesta la volontà ferma di essere coinvolti con la vita e non di restare alla superficie delle emozioni.
Quante volte, purtroppo, le nostre esperienze sono epidermiche. Eventi, incontri, relazioni, celebrazioni che ci scaldano il cuore o ci sommuovono le viscere. Ma poi tutto si spegne lì. Un botto e una vampata di luce come in un fuoco d’artificio, ma dentro di noi non cambia nulla. Resiste per poco una commozione o un freddo pensiero, ma la vita non fa fatica a ritrovare il suo solito e rassicurante binario. E questo accade perché non si genera l’unica domanda giusta, quella che va ad intaccare la sfera del fare, l’unica capace di far cambiare direzione alla vita. E che fortuna se di fronte a noi sta qualcuno che è capace di rispondere, non con qualche vago consiglio moralistico che lascia il tempo che trova (tipo: sii più buono!) o con un progetto talmente ampio da essere irrealizzabile (tipo: cambia lavoro!).
Giovanni è bravo a rispondere: cose concrete, che si possono fare senza stravolgere la scena della vita, senza dover aspettare la rivoluzione. Possiamo dire che le risposte di Gesù saranno altrettanto concrete anche se più radicali. Certo è che la vita non cambia come un sipario che si riapre ogni volta su una scena nuova: è sempre la stessa e, a sipario aperto, continuamente si riempie e si svuota di cose e di persone. Troviamo anche noi il coraggio di domandare: che cosa dobbiamo fare? San Paolo ci risponde in modo perentorio: «Siate sempre lieti nel Signore». Giovanni con la sua concretezza avrebbe detto: «Siate persone capaci di sorridere… almeno qualche volta!».
Gli autori dei sacri testi si rispondono e si completano l’un l’altro, guidati da un unico centro gravitazionale. Essere lieti è la prima risposta, prima di ogni altra iniziativa. È un modo di essere, la consapevolezza che la nostra vita vale, e tanto, in qualsiasi situazione, in qualsiasi momento, riscattata dalla vita di Gesù, dalla sua morte.
Siate sorridenti. Scrive Don Agostino: “Il fare dice un’urgenza e insieme manifesta la volontà ferma di essere coinvolti con la vita e non di restare alla superficie delle emozioni.” Siamo semplici, facciamo cose concrete, quotidiane, non stravolgendo lo scorrere naturale della vita. Fare non con il volto scuro, ma col sorriso. Sembra facile, ma non lo è…Tino