La parabola della pianta di fico

Sopra Prauleta (Foto AC)

Il tempo è un grande mistero. Vi siamo immersi e non sappiamo governarlo nella sua pienezza. Si direbbe che anche l’uomo Gesù ha provato questo disagio di fronte all’esito drammatico della sua vita che andava inesorabilmente incontro ad una fine.

Forse per questo egli dice che nemmeno il Figlio conosce il giorno e l’ora. È appeso alla volontà del Padre e, mano a mano che sente avvicinarsi il momento della morte, le sue parole diventano escatologiche. Che cosa significa? Istintivamente noi pensiamo a qualcosa che viene dopo il tempo e ci troviamo in difficoltà a definirlo. Dove sono quelli che sono morti? Sono «dopo», rispondiamo, ma è un dopo che non sappiamo immaginare e tantomeno descrivere. No, sono «dentro». L’escatologia scruta il mistero non il futuro, non è qualcosa che verrà, ma qualcosa che viene continuamente già adesso. Sbagliamo a parlare di «ritorno» di Cristo in un evento non databile. Dobbiamo parlare di «venuta» del Cristo dentro una storia che oggi è la nostra.

«Dalla pianta di fico imparate la parabola». Il ramo diventa tenero e spuntano le foglie: è primavera, ed è sempre primavera, la stagione della vita che si prepara a dare il suo frutto. Il contadino, cioè, s’accorge di due cose: che non è ancora l’estate, ma anche che l’estate è vicina. Sono le due dimensioni essenziali del nostro vivere il tempo, ed è la sola possibilità che abbiamo di abitarne il mistero in modo umano.

Dobbiamo stare attenti a due rischi. Il primo è quello di immaginare già l’estate, fuggendo via dalla primavera: si rimpiange un passato che non viene più e si attende un futuro astratto e idealizzato che non arriverà mai. E si perde così la ricchezza del tempo presente, che è l’unico tempo in cui Cristo è presente: è Lui la tenerezza del ramo! Il secondo rischio è quello di accomodarsi tra le foglie della primavera senza più essere aperti ai frutti che solo l’estate porta con sé: ci si adagia su ciò che c’è, credendo che esso rappresenti tutta la realtà e che sia definitivo, senza aprirsi a ciò che deve ancora accadere. È giusto vivere in pienezza la primavera, senza dimenticare che l’estate è vicina.

2 thoughts on “La parabola della pianta di fico

  1. Davvero il tempo è un gran mistero, inquietante. Da anziana mi rendo conto che la sera è scesa rapidamente ed è impossibile fermare la corsa delle ore. Del resto ” il tempo” è legato alla presenza dell’uomo: siamo noi a fare la storia ed è nella storia, nelle nostre storie che Gesù ci accompagna ( la nostra storia sacra).
    Non possiamo vivere nel rimpianto e neppure correre in avanti: adesso è il tempo di fare, di amare, di essere.
    ” ora” è ciò che veramente ci appartiene, in cui possiamo esprimerci, decidere.

  2. La parabola della pianta di fico. Don Agostino scrive: “Sbagliamo a parlare di «ritorno» di Cristo in un evento non databile. Dobbiamo parlare di «venuta» del Cristo dentro una storia che oggi è la nostra.” Viviamo quindi la ricchezza del nostro tempo presente, perché Gesù è con noi… Tino

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