Non è una festa d’addio

(Foto AC)

Non c’è avvenimento nella vita di Gesù che rischia di essere travisato nella nostra comprensione più dell’Ascensione al cielo. Lo so, è difficile descrivere ciò che riguarda Uno che è andato oltre la morte, che è il Vivente, anzi è la Vita stessa.

Noi siamo incatenati allo spazio e al tempo e dobbiamo storicizzare ciò che è fuori dal tempo e dallo spazio per cercare di comprendere l’Ascensione. Essa non è un viaggio tra due punti dello spazio, che Gesù avrebbe compiuto a cavalcioni di una nube per andare dalla terra in chissà quale luogo tra le stelle dell’universo. Ma quello che sarebbe ancora più sbagliato è intendere l’ascensione di Gesù come un suo allontanarsi da noi, come l’inizio di una sua temporanea assenza in attesa che ritorni alla fine dei tempi.

La festa dell’Ascensione non è, quindi, una malinconica festa di addio per la partenza di un Gesù che ritorna nel mondo ovattato del divino, nuovamente impalpabile, si direbbe quasi disincarnato dopo essersi incarnato. È, invece, esattamente il contrario, ovvero il compimento della incarnazione: uscito da Dio, l’uomo Gesù ha agganciato la nostra umanità, partendo dal grembo di Maria sino al sepolcro, e la porta alla destra del Padre, la riconduce cioè a Dio, che l’ha creata proprio ad immagine di suo Figlio Gesù. Dobbiamo sempre avere sotto gli occhi questo disegno eterno che interseca il tempo. Proprio come chi compone un puzzle deve sempre avere presente l’immagine originale per incastrare correttamente i numerosi pezzi che permettono di riprodurla.

L’Ascensione, allora, non segna affatto un’assenza ma inaugura la nuova e definitiva forma della presenza del Risorto. Il cielo in cui è asceso Gesù è il destino definitivo dell’uomo, e dunque è già una specie di anticipo del paradiso. Questa prospettiva è decisiva anche per la nostra condizione attuale di Chiesa in cammino. Non siamo affatto i “supplenti” di Gesù, un Gesù che si sarebbe assentato, in attesa del suo ritorno glorioso. Al contrario, viviamo ed operiamo proprio per proclamarne la presenza. Siamo la sua squadra in campo, e Gesù non sta affatto in panchina, ma gioca insieme con noi.

1 thoughts on “Non è una festa d’addio

  1. Non è una festa d’addio. Scrive con chiarezza Don Agostino: “L’Ascensione, allora, non segna affatto un’assenza ma inaugura la nuova e definitiva forma della presenza del Risorto. Il cielo in cui è asceso Gesù è il destino definitivo dell’uomo, e dunque è già una specie di anticipo del paradiso.” E’ in quest’ottica che noi viviamo ed operiamo; non come se Gesù si fosse assentato, ma sentendo la sua quotidiana e pregnante presenza, compimento della incarnazione. E’ molto efficace il riferimento calcistico che fa Don Agostino: noi siamo in campo a giocare con Gesù, che è il nostro capitano… Tino

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