QUARTA DOMENICA DI PASQUA – Anno B

Ci sono tre personaggi nella storia che abbiamo ascoltato: il pastore, il mercenario, il lupo. A cui si aggiunge una sorta di personaggio collettivo: il gregge delle pecore.
Il lupo «rapisce e disperde» le pecore se colui a cui sono affidate è un mercenario e «non gli importa delle pecore». Ma se esse appartengono ad un pastore, egli è disposto a dare la sua vita per proteggerle. È così raccontata la dinamica della salvezza, che è tutta affidata ad una reciproca appartenenza. Infatti, se viene esplicitamente detto che le pecore – tutte, anche quelle che non sono ancora nel recinto – appartengono al buon pastore (mentre non appartengono affatto al mercenario), si lascia intendere che anche il pastore appartiene alle pecore, che la sua vita, cioè, è disponibile per loro, egli la dà ed è capace di riprenderla (e in queste parole di Gesù è nascosto un riferimento evidente alla sua morte e risurrezione). A noi, imbevuti di una mentalità individualista, non piace l’idea di essere paragonati ad un gregge docile che appartiene ad un pastore. Eppure la salvezza è fondata sull’appartenenza reciproca vera e profonda. La salvezza dell’umanità, ma anche la salvezza di una comunità, di un gruppo, di una famiglia, è possibile se i suoi membri restano uniti, se accettano di appartenersi, altrimenti sono destinati a disperdersi. È curioso che la parola «salvezza» è la traduzione del latino salus, da cui deriva un altro termine che ci sta molto a cuore, «salute». Magari non a tutti interessa la salvezza – perché nel nostro mondo ciascuno ha maturato l’illusione di essere in grado di salvarsi da solo – ma la salute è in cima ai desideri di tutti e per la salute siamo disposti a qualche sacrificio della nostra libertà individuale. È curioso, ad esempio, che negli anni recenti della pandemia sia spuntata fuori proprio la nozione di «gregge». Una delle motivazioni addotte per invitare a vaccinarsi è stata proprio la necessità di raggiungere l’«immunità di gregge». È vero, la salvezza è più della salute, e l’immunità non è ancora l’appartenenza. Ma siamo sulla buona strada per comprendere che cosa intende Gesù quando dice di essere per noi il buon pastore.
Salvezza, frutto dell’appartenenza. Scrive Don Agostino: “La salvezza dell’umanità, ma anche la salvezza di una comunità, di un gruppo, di una famiglia, è possibile se i suoi membri restano uniti, se accettano di appartenersi”. Non è facile nel tempo attuale in cui uno slogan individualistico diffuso recita: “tutto intorno a me”. Eppure è Gesù che “appartiene” alla comunità, che è disponibile per noi persino con la sua vita… Tino
A chi ritengo di appartenere? A Gesù che è la mia via, la mia vita, la mia casa. Senza di Lui non potrei esistere, non saprei dove andare, non saprei dove posare il capo.