La Parola fatta carne

SECONDA DOMENICA DOPO NATALE

DSC_0812Al centro di questa domenica c’è ancora una volta il Vangelo di Natale. Non quello di Luca che ha ispirato i pittori, ma quello di Giovanni che sembra più adatto ai filosofi. Un testo che ai cristiani suona sempre un po’ astratto, visto che parla di principio, di Verbo, di luce e di tenebre, di vita e di carne. Alzi la mano chi ha desiderato conoscerne il significato più da vicino e magari ha chiesto aiuto a qualcuno o si è affidato ad un buon libro. Non abbiate paura, non ho intenzione di farlo ora! A me preme solo destare questo desiderio, in mezzo al frastuono delle feste, sfruttando un poco questa overdose di parola di Dio, che costringe anche me ad un supplemento di fatica. Giovanni dice che in principio c’è la Parola, si direbbe una parola coniugabile e coniugata se, sulla scorta della traduzione latina di san Girolamo, questa parola è identificata come Verbo.

Le parole sono il nostro veicolo di vita privilegiato. Ne diciamo tante, anche a vanvera. Le scriviamo, sempre meno. Soprattutto oggi le digitiamo, magari storpiandole e accorciandole e non è certo, questa del digitale, una evoluzione verso l’alto della parola. Con le parole esprimiamo i nostri bisogni, con le parole concettualizziamo le nostre idee più profonde. Il bambino che ancora non sa parlare indica con un dito quelle cose che di lì a poco saprà denominare correttamente. Quando un bambino parla, il suo mondo comincia a diventare anche il nostro e il nostro diventa più facilmente il suo. È un passo in avanti nel dialogo. Stupenda, quindi, è l’intuizione di Giovanni che vede la Parola come fondamento di tutto. E, si badi bene, è una parola non ancora detta, che ancora non si è rivestita della carne. La notizia che Giovanni vuole dare è appunto questa: «La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Le nostre parole prendono carne nella voce e magari poi restano nel cuore, con il loro peso di gioia o di tristezza.

Vi sono parole speciali che sono state dette in momenti particolari e che continuano a risuonare, dando un senso alla vita. Penso alle parole «Prendo te come mio sposo, come mia sposa», che sono diventate carne autentica, quando lei ha comunicato a lui, sempre con parole, che una nuova vita aveva cominciato a prendere carne nel suo grembo. È l’unico modo in cui riusciamo ad avvicinare almeno un poco l’immensità di quello che è avvenuto in Dio, quando ha parlato la sua unica Parola ed essa era già carne, era già uomo e non semplice voce. Quale mistero! Certo, Dio ci parla con le parole del sole, del suo sorgere e del suo tramontare, con le parole della natura, del vento e dell’acqua, del canto degli uccelli o anche solo del variopinto colore e profumo dei fiori. Parole che magari non ascoltiamo più, distratti come siamo dai nostri rumori. Poi Dio ci parla con le parole della storia, quella del popolo ebreo, da Abramo a Mosè, da Davide a Giovanni Battista, e quella del grande popolo universale della Chiesa, che ormai parla tutte le lingue degli uomini. Ci parla continuamente e magari noi la Bibbia e la Tradizione le abbiamo messe sotto polvere in una libreria…

Ma la Parola del principio, fatta carne nella pienezza del tempo, quella Parola è davvero una parola unica, da non confondere con le altre parole. Essa è all’origine delle nostre parole più decisive: è dentro il dono degli sposi, è frammista all’«Eccomi» dei sacerdoti, dei monaci e delle suore, è mirabilmente mischiata alle piccole parole del sacrificio quotidiano, è già nel pianto del bambino che la madre ha appena partorito ed è ancora nel silenzio angosciante dell’ultimo respiro di chi muore. È la Parola che continua a farsi carne, e il Natale continua a rivelarsi in questo susseguirsi di parole dette in misteriosa e feconda unione con quella Parola del principio che, a Nazaret, l’angelo ha incarnato nel grembo di Maria. Ecco perché di questa pagina difficile di Giovanni dobbiamo certamente ricordare i due esiti drammatici dell’Evento della Parola fatta carne: si può rifiutarlo, come le tenebre che cercano di inghiottire la luce, si può non accoglierlo, e allora tutto è senza senso, perché il Senso sta nella Parola del principio per mezzo della quale tutto ciò che esiste è uscito dal nulla. E si può accoglierlo, e allora le nostre povere parole diventano parole di figli di Dio, e tutto ha un senso, tutto ha una direzione.

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